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Allarme Legambiente: Italia in stress idrico, prima in Ue per prelievo di acqua

Italia prima in Europa per prelievi di acqua a uso potabile con oltre 9 miliardi di metri cubi all’anno, una rete di distribuzione obsoleta e forti perdite idriche.

È quanto denuncia oggi Legambiente che, in occasione della III edizione del Forum nazionale Acqua “Una risorsa circolare” rilevando che il Belpaese non ha ancora messo a sistema il riutilizzo delle acque reflue depurate e che il 26% della popolazione (15 milioni di abitanti) è esposto a un forte stress idrico anche per la crisi climatica e la siccità.

Grande tallone d’Achille resta l’ormai cronica emergenza depurativa.

Indietro anche nella gestione sostenibile dell’acqua.

L’Italia è tra i Paesi europei soggetti ad uno stress idrico medio-alto, in quanto utilizza, in media, tra il 30% e il 35% delle sue risorse idriche rinnovabili, a fronte dell’obiettivo europeo di efficienza che prevede di non estrarre più del 20% di quelle rinnovabili disponibili.

Ad oggi, ci sono quattro procedure di infrazione a carico dell’Italia, due delle quali già sfociate in condanna e che costano al Paese 60 milioni di euro all’anno.

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“La transizione ecologica – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – passa anche attraverso una gestione più sostenibile delle acque, soprattutto oggi in piena crisi climatica, i cui effetti sono già evidenti. Un obiettivo altamente realizzabile su cui il nostro Paese deve agire con interventi concreti non più rimandabili. Servono progetti di qualità a cui destinare le risorse”.

“Ci sono oggi esperienze, tecnologie e impianti innovativi che dimostrano come sia possibile rendere più competitiva e sostenibile l’intera filiera – prosegue Zampetti –  a partire dal riutilizzo delle acque reflue, nei processi produttivi e attraverso la riqualificazione idrica degli edifici e degli spazi urbani. Gli strumenti, la pianificazione e i progetti da mettere in campo devono partire proprio da questi trasformandoli da esempi puntuali in politiche di sistema”.

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Sei, per Legambiente, gli interventi per percorrere questa strada:

  • servono interventi strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato,
  • separare le reti fognarie, investire sullo sviluppo di sistemi depurativi innovativi e con tecniche alternative;
  • misure di incentivazione e defiscalizzazione in tema idrico come avviene per gli interventi di efficientamento energetico;
  • occorre prevedere l’obbligo di recupero delle acque piovane e installazione di sistemi di risparmio idrico e il recupero della permeabilità in ambiente urbano attraverso misure che di de-sealing;
  • utilizzare i Criteri Minimi Ambientali nel campo dell’edilizia per ridurre gli sprechi; implementare i sistemi di recupero e riutilizzo delle acque;
  • favorire il riutilizzo dell’acqua nei cicli industriali e  garantire un servizio di depurazione dedicato per una migliore qualità dell’acqua di scarico.

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Emergenza Siccità:

La risorsa idrica subisce l’impatto degli eventi estremi causati dai cambiamenti climatici, in particolar modo della siccità.

Ad oggi, secondo gli ultimi studi della Commissione Ue, il numero di persone che vivono in aree considerate sotto stress idrico per almeno un mese all’anno potrebbe passare dai 52 milioni attuali (11% della popolazione europea) a 65 milioni in uno scenario di riscaldamento di 3°C, il che equivale al 15% della popolazione dell’UE.

La maggior parte delle persone esposte a stress idrico vive nei paesi dell’Europa meridionale, tra cui Spagna (22milioni; 50% della popolazione nazionale), Italia (15 milioni; 26%), Grecia (5,4 milioni; 49%) e Portogallo (3,9milioni; 41%).

Le intere popolazioni di Cipro e Malta sono considerate in carenza d’acqua. Nel Mediterraneo il periodo di stress idrico può superare i 5 mesi e durante l’estate, lo sfruttamento dell’acqua può avvicinarsi al 100%.

Una siccità prolungata comporta danni diretti derivanti dalla perdita di disponibilità di acqua per usi civili, agricoli e industriali ma anche perdita di biodiversità, minori rese delle colture agrarie e degli allevamenti zootecnici, e perdita di equilibrio degli ecosistemi naturali.

Tra i fiumi che quest’estate sono andati più in sofferenza c’è il Po, che secondo l’Autorità Distrettuale del Fiume Po, ha visto una situazione generale di stress idrico diffuso nel bacino del fiume, con portate del 30% sotto la media.

Tra i settori che più risentono dell’emergenza siccità c’è poi l’agricoltura, settore particolarmente esposto a riduzioni nelle rese a causa di fenomeni di scarsità idrica e siccitosi, in cui si prevede una perdita di circa un miliardo di euro per mancanza di raccolti.

E non dimentichiamo le aree urbane.

Secondo il Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, negli scenari futuri le situazioni di siccità e scarsità idrica più frequenti che verranno a determinarsi porteranno ad un aumento della competizione tra domanda d’acqua potabile per uso urbano e per usi agricoli, industriali-energetici e per garantire il funzionamento dei servizi ecosistemici.

Un conflitto potenziale che si colloca, come visto, in un contesto di stress idrico medio-alto esistente già oggi.

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