Obiettivo della missione: stabilire se includerla nei siti ‘in pericolo’ del patrimonio mondiale. Ma gli esperti avvertono: “Occorre visitare tutte le scogliere coralline in fase di sbiancamento”.
Australia, è in corso in questi giorni una missione scientifica dell’Unesco. L’obiettivo è quello di valutare l’eventuale inclusione della Grande Barriera Corallina nei siti ‘in pericolo’ del patrimonio mondiale. Gli esperti però avvertono: “Non potremo avere un quadro completo della situazione se non visiteremo tutte le scogliere coralline in fase di diffuso sbiancamento“. Le riunioni sono iniziate lunedì scorso a Brisbane, con il coinvolgimento degli scienziati dell’Australian Institute of Marine Science, del Parco Marino della Grande Barriera Corallina, di rappresentanti dei proprietari tradizionali indigeni e di operatori turistici.
Reef health update for Friday 18 March 2022: Sea surface temperatures remain above average. Future weather patterns will be critical in determining the severity of coral bleaching across the Marine Park. https://t.co/eV9Tqm0cuj. #ReefAuthority continuing to monitor the situation pic.twitter.com/bTr6NvtFhK
— Great Barrier Reef Marine Park Authority (@gbrmarinepark) March 18, 2022
L’Authority del Parco Marino della Grande Barriera Corallina sta completando in queste ore la ricognizione aerea dei 2300 chilometri ma lo scienziato capo, David Wachenfeld, ha già confermato che “lo sbiancamento è diffuso ma variabile“. La situazione più critica è stata accertata nella regione centrale della barriera, in un tratto di 250 chilometri: la maggior parte dei banchi corallini si è sbiancata in modo grave, per almeno il 60%. Le ricognizioni aeree serviranno a confrontare lo sbiancamento attuale con quelli passati più degni di nota (1998, 2002, 2016, 2017 e 2020).
Il Governo australiano, lo scorso anno, era riuscito a convincere il World Heritage Committee (composto da 21 diversi Paesi) a sospendere l’inserimento della Grande Barriera Corallina nella lista dei siti a rischio per la crisi climatica. Il Comitato, però, aveva chiesto a Canberra di rilanciare la politica Reef 2050, che prevede misure più decise di contrasto al cambiamento climatico e agli scarichi in mare da terreni agricoli e allevamenti.