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Nucleare, cosa sono i piccoli reattori modulari (SMR)

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L’Italia ha appena aderito all’Alleanza Industriale Europea su questa tecnologia, che tanto piace al ministro Gilberto Pichetto. Ma di cosa si tratta? A spiegarlo in modo chiaro e semplice è il Prof. Marco E. Ricotti, docente di Impianti nucleari al Politecnico di Milano. 

Sin dal suo insediamento, Gilberto Pichetto si è sempre detto favorevole ad un ritorno al nucleare come fonte di energia utile per la decarbonizzazione. Da tempo, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica dichiara di voler puntare sui cosiddetti piccoli reattori modulari (in inglese small modular reactors, SMR).

E il G7 ministeriale su clima, energia e ambiente è stata anche l’occasione, per l’Italia, di aderire all’Alleanza Industriale Europea su questa tecnologia, diversa dalle centrali nucleari tradizionali. A illustrarne le caratteristiche, in modo chiaro e semplice, è il Professor Marco E. Ricotti, docente di Impianti nucleari al Politecnico di Milano.

Ci sono due grandi famiglie di questi reattori modulari. La prima, gli small modular reactor (SMR), ha una tecnologia simile ai grandi reattori attuali: raffreddati ancora ad acqua liquida pressurizzata, con un combustibile classico e questo rende la tecnologia più facilmente sviluppabile nei prossimi anni, diciamo all’inizio degli anni ’30” – ha spiegato il Prof. Ricotti – “Ci sono poi i reattori modulari avanzati, in cui la tecnologia cambia parecchio: invece di raffreddare il combustibile con acqua, si utilizzano fluidi diversi come piombo liquido, sodio liquido e sali fusi. Questo consente di raggiungere temperature più elevate ed un’efficienza maggiore nella produzione di energia e di calore. Inoltre, pensando a sviluppi futuri, sarebbe possibile pensare di bruciare anche rifiuti nucleari“.

La differenza sostanziale rispetto ai reattori attuali è ovviamente la dimensione. Sicuramente hanno un elevato grado di sicurezza perché quasi tutti sfruttano il concetto di sicurezza passiva: per il loro funzionamento non è indispensabile l’intervento umano né l’alimentazione di elettricità. Funzionano per leggi naturali e non hanno bisogno di alimentazione di potenza” – ha aggiunto l’ingegnere, docente universitario e già presidente di Sogin – “Inoltre, essendo più piccoli, richiedono minori investimenti: non più gli oltre 10 miliardi di euro necessari per realizzare una grande centrale, almeno 5-7 volte di meno. La taglia è certamente ridotta, ma il rischio finanziario è limitato“.

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