Potrebbe arrivare nella seconda metà del 2022 l’individuazione del sito per il deposito nazionale rifiuti radioattivi, mentre l’entrata in esercizio dovrebbe avvenire nel 2030.
È quanto emerge dall’audizione in Commissione Ecomafie del presidente di Sogin Spa, Luigi Perri e l’amministratore delegato della società, Emanuele Fontani, nell’ambito dell’approfondimento della Commissione sulla gestione dei rifiuti radioattivi, a cui è dedicata anche la relazione approvata dalla Commissione il 30 marzo 2021.
“Si prevede l’individuazione del sito nella seconda metà del 2022 – ha dichiarato durante l’audizione l’amministratore delegato della Sogin, Emanuele Fontani – al momento si è nella fase di consultazione pubblica. Dopo ci sarà il seminario nazionale previsto per i primi di settembre; che dovrebbe durare tra i 30 e i 60 giorni, con sessioni di 3-4 giorni insieme con le 7 Regioni interessate”.
Fontani ha poi spiegato che “l’apertura del deposito è prevista all’inizio del 2030”, in ritardo rispetto al timing originale (che prevedeva l’entrata in esercizio del deposito per il 2029) a causa del prolungamento delle fasi di consultazione pubblica e del seminario nazionale.
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Secondo quanto riferito, sono stati valutati quali possibili fattori di rallentamento del processo di costruzione del deposito rischi autorizzativi per ritardi amministrativi, rischi di localizzazione connessi alla mancanza di autocandidature e rischi nella realizzazione dell’opera.
Il valore dell’opera è di poco meno di un miliardo di euro in termini di costi di realizzazione, a cui va aggiunta una cifra stimata intorno ai 500 milioni di euro per le infrastrutture del parco tecnologico.
I benefici occupazionali per la costruzione dell’opera sono “evidenti – ha sottolineato l’ad Sogin – abbiamo definito due fasi fondamentali una per la costruzione dove si tocca un totale di 4mila persone per 4-5 anni (di queste 2mila diretti) e in seguito nel lungo periodo di funzionamento del deposito nazionale saranno circa 700 le persone per l’esercizio che ha un orizzonte temporale di circa 50 anni e poi un periodo di 300 anni dedicato alla sorveglianza”.
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Ad oggi, in Italia ci sono circa 20 depositi di rifiuti radioattivi.
“Una porzione di questi è gestita da Sogin – ha evidenziato Fontani – altri sono di gestione pubblica o privata, nonché una situazione come quella di Cemerad a Statte in cui un fallimento ha poi generato la necessità di prevedere a una bonifica ambientale”.
Il futuro deposito nazionale, ospiterà circa 95mila metri cubi di rifiuti radioattivi, di cui 78mila a bassa attività, e 17mila a media e alta attività.
La costituzione sarà per il 60% di rifiuti provenienti dal decomissioning (lo smantellamento del passato esercizio degli impianti nucleari del nostro Paese) e per il 40% “in progress da medicina nucleare, attività di ricerca, e dall’industria”.