Arriva da Londra, ma l’idea del gelato alla vaniglia fatto con la plastica riciclata è tutta italiana. Voi lo assaggereste?
Uno dei cibi più amati in assoluto si può fare dalla plastica. Stiamo parlando del gelato, nello specifico del gelato alla vaniglia creato dalla designer italiana Eleonora Ortolani.
Il primo gelato nato dalla plastica riciclata è infatti tutto italiano, anche se la sua creatrice vive e lavora a Londra. La studentessa del Central Saint Martins Design School, per il suo progetto di fine anno ha sperimentato una ricetta mai fatta prima: realizzare aromi per il gelato da una piccola quantità di plastica.
Il problema dell’inquinamento da plastica è ormai fuori controllo da tempo. La plastica riciclata nel campo del design poi, spesso si trasforma in oggetti che non possono essere nuovamente riciclati, magari perché fusi con altri materiali.
Esiste un modo per gli esseri umani di mangiare la plastica ed eliminarla per sempre? Questa è stata la domanda dal quale è partito il suo progetto “Guilty Flavours”.
“Non avrei mai immaginato che sarei stata effettivamente in grado di produrre cibo dalla plastica – ha detto Ortolani – ed è stato difficile per me trovare uno scienziato realmente interessato a lavorare su questo”.
Alla fine però, la studentessa è stata affiancata da dalla scienziata alimentare della London Metropolitan University e ricercatrice Joanna Sadler dell’Università di Edimburgo. Con il suo aiuto, Ortolani è riuscita a sintetizzare la vanillina dalla plastica.
Gelato alla plastica, al momento non si può ancora mangiare
Al momento però, non è consentito mangiare il gelato “alla plastica” visto che non è stato ancora sottoposto ai test per stabilire la sua sicurezza se ingerito. Sebbene la molecola sintetizzata sia infatti chimicamente identica a quella della vanillina sintetica che già conosciamo ed utilizziamo in molte ricette, questa è considerata un ingrediente completamente nuovo dagli enti di sicurezza alimentare.
Il progetto quindi, è stato presentato da Ortolani in un frigorifero chiuso a chiave alla mostra per i laureati della scuola di design londinese, con la speranza di innescare un dibattito sulla percezione di ciò che consideriamo naturale rispetto al sintetico, con il rischio di frenare il settore del cibo anche in vista del cambiamento climatico.