Va bene il riciclo ma occorre fare attenzione. Ecco perchè indossiamo abiti fatti di plastica.
I vestiti che indossiamo sono pieni di plastica. L’allarme è stato rilanciato in occasione del Global Recycling Day.
I dati sono stati diffusi da Gaia Segattini Knotwear, società benefit marchigiana che produce capi di abbigliamento con l’avanzo di filati pregiati, rigenerati ed ecologici.
Il 100% dei campioni in poliestere riciclato presentati a Milano Unica, la principale fiera di tessuti per abbigliamento in Italia, proviene dal riciclo di bottiglie in PET. Questo dato è chiaramente in conflitto con quanto indicato dalla Commissione UE che incoraggia un modello di economia circolare che promuove il riciclo da fibra a fibra e non utilizzando poliestere riciclato da PET.
Inoltre, solo l’1% del materiale utilizzato per produrre abbigliamento viene riciclato per confezionare nuovi abiti, dato, fornito dal Materials Market Report 2023 – Textile Exchange, rimasto invariato dal 2017.
Il quadro che è emerge evidenzia come il fashion sia ancora distante da un reale modello di economia circolare.
In quale vestiti troviamo la plastica?
Il poliestere riciclato da utilizzare nel settore dell’abbigliamento dovrebbe provenire da altri vestiti e non dalla plastica. Ciò porterebbe soltanto alla formazione di ulteriori di microplastiche sui nostri capi, che vengono rilasciate direttamente nell’ambiente ad ogni lavaggio.
Va bene il riciclo ma occorre fare attenzione. Il poliestere è estremamente difficile da riciclare nuovamente, e, sfilacciandosi più facilmente, rilascia le microfibre che, avendo una lunghezza inferiore a 5 millimetri, non vengono bloccate dai filtri degli impianti di depurazione e vanno a finire nei fiumi e nei mari, ingerite dai pesci ed entrando così nella nostra catena alimentare.
Secondo la Plastic Pollution Coalition, la plastica sarebbe presente in 70 miliardi dei 100 miliardi di indumenti venduti ogni anno a livello globale.
Il lavaggio di tessuti sintetici, nelle lavanderie industriali e nelle lavatrici che abbiamo in casa, crea microplastiche primarie attraverso l’abrasione e lo spargimento di fibre. Le fibre finiscono poi nelle acque di scarico con il lavaggio e da lì, potenzialmente, negli oceani (dati Unione internazionale per la conservazione della natura – IUCN).
La crescita del fast fashion ha abbassato il prezzo di vendita dei prodotti per seguire le tendenze, al costo di uno sfruttamento dei lavori ed enormi danni ambientali e della salute di chi li indossa. Aumentano i capi di bassa qualità e, di conseguenza, aumentano i tessuti che rilasciano microplastiche.
Come scegliere allora i vestiti? Occhio alle etichette
Per quanto possiamo prestare attenzione ai nostri acquisti, anche se scegliamo second hand, se osserviamo l’etichetta di indumenti termici, tecnici o sportivi sarà molto facile trovare almeno una parte di tessuti sintetici come poliestere, nylon, acrilico, spandex, elastan, pile o poliolefina.
Quindi occhio alle voci “acrilico”, “nylon”, “elastane”, “Lycra”, “Spandex”, e anche poliestere, poliammide, poliuretano, PVC (polivinilcloruro), PET (polietilene tereftalato) e simili.