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Tra Sabbia e Sopravvivenza: l’Eco-filosofia nel mondo di Dune

In un pianeta che nasconde la risorsa più importante dell'universo e dove l'acqua è più preziosa dell'oro, la lotta per il potere si trasforma in una lotta per la sopravvivenza stessa. In

In un pianeta che nasconde la risorsa più importante dell’universo e dove l’acqua è più preziosa dell’oro, la lotta per il potere si trasforma in una lotta per la sopravvivenza stessa. In “Dune” di Frank Herbert, l’ambiente non è solo uno sfondo pittoresco, ma un elemento centrale che plasma le vicende dei protagonisti e le dinamiche politiche dell’universo narrativo.

La Spezia Melange. L’elemento più importante dell’universo. L’unico modo per poter viaggiare tra i pianeti, la fonte del potere Bene Gesserit: chi controlla la spezia detiene il potere.

Naturalmente stiamo parlando della Spezia del Pianeta Arrakis, ovvero, come viene chiamato nelle gigantesche sale del palazzo dell’Imperatore, Dune.

È uscito da poco in sala il secondo capito dell’opera cinematografica di Denis Villeneuve, che ha portato sugli schermi il capolavoro di Frank Herbert, scritto ormai quasi 60 anni fa. Un’epopea fantascientifica imprescindibile per ogni amante del genere , che ha influenzato buona parte delle opere uscite negli anni successivi (basta pensare a Tatooine, il pianeta di sabbia di Star Wars, oppure alla lotta per l’acqua in Mad Max).

Chi può distruggere una cosa ha l’assoluto controllo su di essa.”

Per chi non ha mai letto il libro, o non ha ancora visto il film in due parti di Villeneuve (un consiglio, fate una delle due cose anzi, fatele entrambe, prima i film e poi il libro), Dune è la storia di una lotta di potere tra due delle Grandi Casate che sorreggono il dominio dell’Imperatore, gli Atreides e gli Harkonnen.

Senza entrare troppo in campo spoiler, la casata Atreides è stata scelta dall’Imperatore per sostituire gli Harkonnen nel compito di estrarre la Spezia dal pianeta Arrakis, una sostanza secreta dai giganteschi vermi delle sabbie che, come scritto in precedenza, è fondamentale per il sostentamento dell’Impero. Questa in realtà è una trappola ordita dall’Imperatore Shaddam IV per distruggere gli Atreides, “colpevoli” di aver ottenuto troppa influenza con le altre casate e quindi di mettere a rischio il potere costituito.

In questa lotta tra casate si inseriscono le Bene Gesserit, un ordine religioso di sole donne dotate di poteri mentali che tramano e influenzano da secoli la politica e l’Impero stesso, tanto da voler “creare” un Messia che, si dice, possa essere Paul, il figlio primogenito della Casata Atreides.

Sullo sfondo lo sconfinato deserto dove vivono i Fremen, gli abitanti autoctoni di Arrakis, in costante lotta per la sopravvivenza in pianeta dove l’acqua è più preziosa della Spezia e dove letteralmente “ogni uomo vale l’acqua di cui è composto”.

“Quando religione e politica viaggiano sullo stesso carro, i viaggiatori pensano che niente li possa fermare.”

Dune è quindi può sembrare una “classica” epopea di fantascienza, quella che gli americani chiamano “space opera”, ma racchiude in se una fortissima impronta politica.

Possiamo parlare della critica alle religioni, con le Bene Gesserit che dall’ombra tramano per controllare il potere, o del rigetto per l’Uomo Bianco Forte, il Messia straniero venuto da lontano per portare la “pace e la civiltà”, ma sicuramente i due temi principali dell’opera riguardano il colonialismo e l’ecologia.

Analizzando Dune non si può non tenere in considerazione il periodo storico in cui Frank Herbert scrive il suo capolavoro. Siamo agli inizi degli anni 60, in piena Guerra Fredda. La crisi dei missili cubani ha messo il mondo sull’orlo del precipizio per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale. John Fitzgerald Kennedy, uno dei presidenti più amati della storia degli Stati Uniti, è stato appena assassinato (vedi il tema del Messia, dell’Uomo Forte capace di guidare le masse, citato in precedenza).

Ma, soprattutto, si inizia a parlare di intervento americano in Vietnam. E qui partiamo per il primo tema caro a Frank Herbert, ovvero il colonialismo, l’imperialismo.

La storia di Dune è infatti principalmente la storia di grandi potenze che si insediano su un pianeta per sfruttarne le risorse, scacciando le popolazioni autoctone nelle zone più inospitali, dove per sopravvivere “devi abituarti alla tempesta”. Ed è qui che l’opera di Dune diventa più divisiva. Tanti di coloro che hanno analizzato la saga di Dune hanno sottolineato come Frank Herbert faccia una seria distinzione tra il “cattivo colonialismo”, quello degli Harkonnen, che secondo molti critici rappresenta la Russia e il “colonialismo buono” degli Atreides, che sarebbero il contraltare spaziale degli Stati Uniti

Quindi, mentre gli Harkonnen arrivano su Arrakis sterminando i Fremen e costringendoli a rifugiarsi nelle zone più inospitali di Arrakis, gli Atreides erano convinti di poter mantenere un rapporto cordiale con le tribù autoctone, rapporto che avrebbe consentito loro di estrarre la spezia senza interferire con le usanze dei nativi.

In realtà quello che spesso viene dimenticato è che nessuna delle due realtà viene vista da Herbert come quella “giusta”. Secondo lo scrittore infatti il “lieto fine” avverrà quando il popolo dei Fremen riuscirà a reclamare il possesso del proprio pianeta anche se, e qui consentitemi un piccolo spoiler, grazie al “Messia venuto da fuori”, ovvero Paul Atreides.

“Arrakis sarebbe un paradiso se i regnanti smettessero di estrarre la Spezia”

Parlando di colonialismo, non ci si può esimere dal citare il tema ecologico all’interno della saga di Dune, spesso messo in secondo piano ma decisamente importante, soprattutto alla luce dei cambiamenti climatici sempre più intensi che sta subendo il nostro Pianeta negli ultimi anni.

C’è una forte analogia, spesso neanche tanto sottintesa, tra il colonialismo degli Harkonnen prima e degli Atreides poi e quello compiuto dalle nazioni europee ai danni dell’Africa a inizio Ottocento.

I Fremen (da Free Men, uomini liberi) vivono divisi in tribù, in sintonia con il deserto e rispettando le (pochissime) risorse naturali a disposizione. Hanno la pelle scura e modi, vestiario e comportamenti che ricordano quelli delle tribù Sahariane.

Poi arrivano le Grandi Casate, l’uomo bianco, con le sue potenti armate e le armi tecnologicamente superiori, che impongono a forza la loro presenza nel paese e inizia a sfruttare ogni angolo possibile del deserto per estrarre la preziosa Spezia Melange.

“Questo è il legame dell’acqua. Conosciamo i riti. La carne di un uomo è sua; l’acqua appartiene alla tribù.”

C’è una frase del secondo film di Dune che mi è rimasta impressa: Paul ammira il deserto al tramonto insieme a Chani, la ragazza Fremen che gli sta insegnando le usanze del suo popolo. Il giovane Atreides sta raccontando del suo paese natale, Caladan, e la ragazza lo interrompe chiedendogli:Ma è vero che nel tuo pianeta l’acqua cade dal cielo?”

Ecco, immaginate vivere in una zona che non ha mai visto la pioggia, dove l’erosione e la desertificazione ha trasformato tutto in infinite distese di sabbia, dove l’acqua vale più della vita di un uomo.

Ed è questo l’insegnamento più forte presente nelle pagine di Dune, ovvero non dare mai per scontato i doni che riceviamo dal nostro pianeta.