Rimangono solo due esemplari della specie dei rinoceronti bianchi del nord, rispettivamente madre e figlia, ma gli scienziati confidano in nuove scoperte grazie alle cellule staminali.
Ogni giorno che passa, questi rarissimi esemplari di rinoceronti bianchi si avvicinano sempre di più all’estinzione totale. “Ho visto il loro numero scendere drasticamente da 7 a 2” afferma con dolore e rassegnazione il custode keniota James Mwenda, dopo aver dedicato gran parte della sua vita a questa causa.
— BioRescue_Project (@BiorescueP) August 20, 2020
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Se il loro destino fosse lasciato alla natura, i due rinoceronti rimasti, l’anziana e tranquilla Najin e la sua esuberante figlia Fatu di 20 anni, sarebbero gli ultimi esemplari a pascolare nelle praterie africane.
Gli scienziati affermano che la specie si sia estinta in natura già nel 2008, come conseguenza della guerra civile, della distruzione degli habitat naturali e del bracconaggio e che nel 2012 avevano perso quasi ogni speranza, ma oggi hanno una chance dell’ultimo minuto di riportare i rinoceronti bianchi del nord sulla via della ripopolazione grazie alle cellule staminali, ammesso che si riescano a superare i vincoli della pandemia.
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Il Dr. Thomas Hildebrandt, esperto in riproduzione della fauna selvatica, sta guidando un progetto, BioRescue, che coinvolge il Leibniz Institute for Zoo and Wildlife Research, il Dvůr Králové Zoo della Repubblica Ceca, il laboratorio italiano Avantea e il Kenya Wildlife Service.
Hildebrandt sostiene che una crescente cooperazione al livello internazionale sia la giusta strada da seguire per portare avanti i progetti di conservazione delle specie.
La pandemia ha frenato la partenza del progetto BioRescue, deviando i finanziamenti proprio sulla causa del COVID-19, mettendo i ricercatori nella posizione di domandarsi se sia possibile trasportare gli ovuli di Fatu nei laboratori in Italia durante la crisi sanitaria globale in corso. La risposta non determinerebbe soltanto il futuro dei rinoceronti bianchi, ma più in generale l’accesso a processi che consentiranno di preservare altre specie.
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Nel mese di dicembre il progetto di Hildebrandt ha permesso di prelevare 20 ovuli dall’esemplare più giovane, che però a differenza dello sperma, essendo non fecondati non possono essere congelati. Dopo il prelievo le cellule uovo sono state trasportate, grazie ad un volo charter, a Cremona, sede dei laboratori Avantea.
Una volta in Italia le uova di Fatu sono state combinate con il seme congelato di Suni, un toro morto nel 2014 per cause naturali; il suo sperma si è rivelato più efficace per la fecondazione, rispetto a quello prelevato da Sudan, l’ultimo esemplare di rinoceronte bianco maschio morto nel 2018. Sono otto le uova fecondate e il numero di embrioni congelati a cinque.
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Attualmente per Fatu non sarà possibile concepire in modo naturale, ma nonostante ciò la scienza ha rinominato la giovane rinoceronte e il donatore del seme, la coppia che salverà la specie dei rinoceronti bianchi del nord. Hildebrandt però è fiducioso e contano di avere un vitello in circa un paio di anni.
Di Francesco De Simoni