Primo ok europeo allo stop di importazione di cibo frutto di lavoro forzato

Dovrà essere creata anche una banca dati con il contributo delle Organizzazioni Internazionali.

Arriva la prima intesa europea per introdurre il divieto di importazione di prodotti derivati dal lavoro forzato. Consiglio e Parlamento europeo hanno trovato il primo accordo sul tema. Uno sfruttamento che coinvolge 26 milioni di persone nel mondo, spesso minorenni, lavoratori obbligati a turni che superano le 10 ore consecutive, senza giorni liberi, costretti a paghe da fame e spesso a vivere in baracche vicino al luogo di lavoro.

Tante le tipologie di cibo che derivano dallo sfruttamento; c’è il pomodoro cinese raccolto dai prigionieri politici Uiguri, popolazione discriminata perché musulmana, il riso birmano raccolto sfruttando la minoranza etnica dei Rohingya, i gamberetti tailandesi, 8mila migranti bambini sono utilizzati nella filiera, come denunciato dalla Ong Terres des Hommes.

Secondo l’intesa, provvisoria finché le due istituzioni non la approveranno e adotteranno, la decisione di vietare un cibo prodotto con lavoro forzato sarà presa dall’organo che ha avviato l’indagine, e il divieto valido in un Paese si estenderà agli altri. Dovrà essere creata anche una banca dati con il contributo delle Organizzazioni Internazionali.

Si tratta di un passo avanti contro la concorrenza sleale, secondo Coldiretti che chiede sia fatto valere il principio di reciprocità per tutti i prodotti extra Ue che arrivano nel mercato europeo.