ChatGPT a scuola: l’intelligenza artificiale è un bene o un male per l’istruzione?

La nascita di strumenti basati sull’IA come ChatGPT ha portato alla luce il grave problema dell’uso di queste app nelle scuole e nelle università: è qualcosa da utilizzare o un problema da arginare?

L’innovazione tecnologica storicamente sempre per “ere”, mai singolarmente. Se per anni il focus è stata la miniaturizzazione dei microchip, adesso il nuovo balzo in avanti si sta avendo grazie agli studi sull’Intelligenza Artificiale.

Questo soprattutto ai molteplici utilizzi che l’IA sta avendo a livello consumer, ovvero a disposizione di tutti.

L’ultima frontiera è  ChatGPT, un tool, creato da OpenAI, in grado in teoria di rispondere a qualsiasi domanda postagli dall’utente e, quindi, di scrivere tesine, temi e di risolvere i test universitari.

Sui social, in particolare TikTok, si sono moltiplicati video di giovani utenti che si fanno “aiutare” da ChatGPT per i compiti a casa: in un caso addirittura un utente usa il tool per scrivere la tesina di esame.

 


Nasce quindi la questione se e in caso come “limitare” l’uso di queste applicazioni.

Secondo il dottor Alessio Bonti, Solution Architect presso IBM e Technology Advisor per l’ Università Bocconi, il problema c’è, ma andrebbe sfruttato per realizzare una seria riforma dell’istruzione.

“In questo momento le maggiori università del mondo sono letteralmente prese dal panico nel tentativo di arginare il problema”, spiega il dott. Bonti.

“Per esempio l’università di Melbourne, una delle 30 più grandi atenei del mondo, non ha trovato altra soluzione che tornare alla carta e penna per gli esami.”

 


Questo però è il momento in cui bisognerebbe cambiare il nostro sistema di educazione:” Non si può andare contro l’intelligenza artificiale. Noi dovremmo lavorare con essa in modo da diventare più produttivi”.

Come in tutti i campi, così nel campo dell’istruzione, “dobbiamo imparare a conviverci e a utilizzarla per migliorare quello che facciamo.”

Ma come si può sfruttare in maniera positiva l’IA: “Uno studente può utilizzarla per esempio per migliorare una ricerca o per raccogliere dati”

L’importate è non perdere la creatività perché, conclude il dottor Bonti: “la creatività è veramente l’ultima cosa che ci è rimasta che ci differenzia dalla macchina“.

 

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