L’attenzione all’ambiente sembra aver finalmente colpito anche il mondo della finanza. Un gruppo di grandi investitori, infatti, ha chiesto esplicitamente alle aziende che ricevono i loro finanziamenti di rendere pubblici i dati relativi agli impatti ambientali delle loro azioni.
Non si tratta di un’iniziativa isolata. Sono ben 680 le istituzioni finanziarie (tra cui colossi come Allianz, Amundi, AXA e BNP Paribas) che hanno formulato la richiesta formale di pubblicare i dati sugli impatti ambientali alle circa 10mila società per di più multinazionali che ricevono finanziamenti da loro.
A differenza di alcune azioni del passato etichettate dagli ambientalisti come tentativi di greenwashing, dunque, questa sembra essere una presa di posizione precisa e incisiva.
Sebbene le aziende in questione siano già obbligate dall’Ue e dal Regno Unito (e in alcuni casi anche da Giappone, Nuova Zelanda e India) a rendere pubblici alcuni dei dati relativi agli impatti sull’ambiente delle loro produzioni, spesso il potere delle company multinazionali è tale per cui esse possono contravvenire agli obblighi senza conseguenze di rilievo.
Ma quando sono gli investitori a chiedere di rendere pubblici i dati, le cose potrebbero cambiare.
Il consorzio di 680 investitori che ha richiesto la pubblicazione dei dati, infatti, gestisce un patrimonio di investimenti pari a circa 130mila miliardi di dollari.
La richiesta degli investitori è – appunto – una richiesta e non un obbligo e per questo non sono previste sanzioni di alcun tipo. Ma quando questa richiesta arriva da coloro i quali garantiscono i finanziamenti necessari alla continuazione della produzione, allora un pensierino in più – c’è da scommetterci – lo si fa.
La richiesta ufficiale degli investitori è quella di mettere i dati a disposizione del pubblico attraverso la piattaforma di divulgazione no-profit CDP.
Le aziende che decideranno di rispondere positivamente, poi, potrebbero addirittura guadagnarci. La CDP ha, infatti, dimostrato che le compagnie che decidono di rendere accessibili i database relativi al proprio impatto ambientale e alle policy utilizzate per mitigarlo hanno mostrato un miglioramento della propria reputazione tanto grande da aver avuto in diversi casi un vantaggio competitivo.
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“Da quando abbiamo inviato la nostra prima richiesta di divulgazione alle aziende due decenni fa, – spiega Paul Simpson, Amministratore delegato di CDP – abbiamo svolto un ruolo fondamentale nel trasformare la rendicontazione ambientale da una questione secondaria e di nicchia ad una in cima all’ordine del giorno dei consigli di amministrazione. Sebbene molte aziende stiano divulgando, fissando obiettivi e intraprendendo azioni attraverso le proprie operazioni commerciali e catene del valore, una parte sorprendentemente ampia del mercato deve ancora compiere il primo passo fondamentale della disclosure. Queste aziende stanno diventando sempre più lontane dalla realtà, dagli investitori e dall’opinione pubblica. Non solo a causa del bastone normativo in avvicinamento, ma anche perché i benefici della trasparenza sono tanti e comprovati. Ci auguriamo che questa richiesta, sostenuta da un gruppo così influente di istituzioni finanziarie in tutto il mondo, comporti nuove azioni e trasparenza in futuro”.
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