Alcuni rifiuti di origine medico-industriale hanno, inoltre, perso rilevanza radiologica, rientrando nel regime ordinario dei rifiuti speciali.
L’incremento dei rifiuti radioattivi al 31 dicembre 2019, che tiene conto di tutte queste variabili, è stato pari a 608 m3.
Il settore è alla vigilia di una evoluzione tecnico-normativa: grazie ad un nuovo sistema informatico di acquisizione dei dati relativi a produzione e stoccaggio (stabilito dal D. Lgs. 101/2020) che entrerà in funzione nel 2021, sarà possibile disporre di informazioni ancora sempre più precise e, soprattutto, in tempo reale sulla produzione e movimentazione dei rifiuti radioattivi.
Uno strumento che permetterà un più puntuale controllo del comparto e anche la realizzazione di report aggiornati in tempi molto brevi, in modo da avere già nei primi mesi dell’anno i dati completi dei 12 mesi precedenti.
Per quanto riguarda il 2019, nel dettaglio, sono aumentati i rifiuti radioattivi stoccati in Emilia Romagna (da 3000 m3 nel 2018 a 3272 nel 2019, + 272 m3), Basilicata (da 3215 m3 a 3362 m3, +147 m3), Piemonte (da 5506 m3 a 5605 m3, +99 m3), Lombardia (da 6060 m3 a 6147 m3, +87 m3) e Campania (da 2965 m3 a 2968, +3 m3).
In calo, al contrario, i rifiuti radioattivi detenuti in Puglia (da 849 m3 a 390), perché spostati in depositi in altre regioni, e Lazio (da 9311 m3 a 9284).
In totale, il volume dei rifiuti radioattivi presenti in Italia è pari a 31.027,30 m3.
Il 99% del combustibile irraggiato delle quattro centrali nucleari nazionali dismesse non si trova più in Italia: è stato inviato in Francia e in Gran Bretagna, dove è stato sottoposto a riprocessamento.
I rifiuti radioattivi generati faranno rientro in Italia.
La gran parte dei rifiuti radioattivi presenti in Italia sono, pertanto, a vita molto breve (1405,74 m3, con una diminuzione pari a 250.53 m3 rispetto al 2018), ad attività molto bassa (14.072,40 m3, con un aumento di 752,12 m3), a bassa attività (12.521,19 m3, -289,38 m3 rispetto al 2018) e a media attività (3.027,96 m3, in calo di 90,8 m3).
Queste e altre informazioni sono contenute nel nuovo “Inventario nazionale dei rifiuti radioattivi” ISIN, da oggi disponibile online sul sito web www.isinucleare.it.
Il documento contiene informazioni relative a volumi, masse, stato fisico, attività specifica, contenuto di radioattività e condizioni di stoccaggio dei rifiuti, compresi il combustibile esaurito e le sorgenti dismesse.
Predisposta sulla base dei dati che annualmente i diversi operatori, ai quali compete la responsabilità primaria della detenzione e gestione in sicurezza dei rifiuti stessi, trasmettono all’Ispettorato, la nuova edizione è aggiornata al 31 dicembre 2019.
Rispetto al report precedente, il Reattore Ispra – 1, ospitato nel Centro Comune di Ricerche (CCR) di Ispra (VA), compare nell’elenco degli impianti gestiti dalla SO.G.I.N. SpA: sulla base dell’accordo tra Governo italiano ed EURATOM, infatti, la gestione è stata trasferita nel 2019 ai fini della relativa disattivazione.
Tra le diverse informazioni contenute nel rapporto ISIN, inoltre, quelle relative a materiali e rifiuti radioattivi derivanti da attività di bonifica e stoccati in depositi locali.
Si tratta di contaminazioni derivanti da eventi incidentali di fusione di sorgenti radioattive verificatesi presso installazioni industriali.
L’Inventario ne riporta l’elenco aggiornato a seguito delle ricognizioni effettuate in collaborazione con il SNPA – Sistema Nazionale Protezione Ambientale e con le prefetture interessate, con l’indicazione della tipologia di rifiuto prodotto, l’isotopo rilevato, la stima dell’attività, della massa e del volume.
Le installazioni industriali monitorate sono attualmente 19, di cui 15 in Lombardia, 2 in Veneto e 2 in Toscana.
Scarica l’Inventario dei rifiuti radioattivi aggiornato al dicembre 2019
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