Inquinamento

Microplastiche nella placenta, successo internazionale per lo studio tutto italiano

Successo per lo studio italiano che ha dimostrato la presenza di microplastiche nella placenta. Dopo tre mesi dalla sua pubblicazione sulla rivista internazionale ‘Environment International’, lo studio Made in Italy risulta essere il più scaricato dal sito della rivista: è stato citato ben 25 volte, ha registrato 111 menzioni e più di 10.000 interazioni con i media, tra articoli scritti, tv, radio e interviste.

Lo studio, che ha destato un enorme interesse internazionale, è stato guidato da Antonio Ragusa, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Fatebenefratelli, Isola Tiberina di Roma.

Oceani, i satelliti della NASA saranno utilizzati per tracciare le masse di microplastica

 “Per la prima volta abbiamo dimostrato la presenza di materiale artificiale nel corpo del bambino in formazione – ha spiegato Ragusa – questo dovrebbe costringerci a riflettere, poiché se mai vi fosse un materiale che caratterizza quest’era è la plastica”.

Il team di studiosi ha utilizzato la microspettroscopia Raman, una forma di spettroscopia che consiste nello studio dell’interazione della radiazione elettromagnetica con la materia e che ha permesso di isolare e visualizzare 12 particelle di microplastiche in quattro placente umane su sei analizzate: 5 particelle sono state trovate nel lato fetale delle placente, 4 nel lato materno e 3 nelle membrane amnio coriali.

Microplastiche in grosse quantità nei remoti mari polari. Lo studio

Lo studio ha permesso di dimostrare che le microplastiche, una volta all’interno del corpo materno, possono raggiungere i tessuti placentari a tutti i livelli.

Per Ragusa, “la placenta, il luogo ‘sacro’ in cui si sviluppa il feto prima che veda la luce, è quasi un sancta sanctorum inviolabile, e che indissolubilmente lega la vita che verrà alla madre. Questo ha scosso le coscienze ma in realtà non dovrebbe essere così”.

“La plastica nella placenta – ha concluso – non dovrebbe scuotere di  più di quella che vediamo dispersa nell’ambiente. Perché oggi sappiamo che la salute dell’uomo e quella dell’ambiente sono indissolubilmente legate e che quello”.

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