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Visoni e Coronavirus, che pericoli corriamo? In Italia il primo caso ad agosto

Il primo caso di contagio di Covid-19 si è verificato in Italia il 10 agosto. Sono passati due mesi e mezzo da quell’episodio e la notizia è arrivata solo ora grazie alle indagini effettuate dalla LAV. In Italia al momento ci sono 8 allevamenti di visoni attivi. Che rischi corriamo?

Secondo gli esperti i primi casi di Covid-19 nei visoni si sono verificati già lo scorso aprile ed è subito emerso che il virus poteva trasmettersi dall’animale all’uomo e viceversa. Da allora al 6 novembre sono stati riportati casi in 6 paesi: Danimarca, Olanda, Spagna, Svezia, Usa e anche Italia.

L’Organizzazione mondiale della sanità animale (Oie) afferma che questo “potrebbe rappresentare un pericolo per la salute pubblica e portare a futuri eventi di ricaduta sull’uomo“, con timori per l’effetto sul vaccino. Un vaccino in via di sviluppo in Danimarca contro il ceppo di coronavirus mutato da visoni si è però rivelato “efficace” nei primi test sugli animali, come ha annunciato Anders Fomsgaard, capo ricercatore all’Istituto Serum che sta lavorando al farmaco, secondo quanto riportato dal Guardian.

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Intanto il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (Ecdc) in un documento di valutazione del rischio sul tema ha affermato che il virus, che è mutato rispetto a quello che circola più diffusamente, non è né più contagioso né più aggressivo rispetto agli altri.

E’ di poche ore fa una notizia che riguarda la Grecia: sono stati trovati visoni e 10 operatori positivi al coronavirus.

La settimana scorsa le autorità della Danimarca hanno lanciato un piano per l’abbattimento di tutti i visoni del Paese, tra i 15 e i 17 milioni, dopo che è stato scoperto un nuovo ceppo di Covid-19 passato dal visone all’uomo.  Le immagini mostrano le ruspe delle autorità sanitarie danesi che seppelliscono visoni in una grande fossa comune in un’area militare vicino a Holstebro.

Il premier danese, Mette Frederiksen, si è scusato in Parlamento: “Anche se siamo in emergenza, avrebbe dovuto essere del tutto evidente la necessità di una nuova legge, ma così non è stato. Mi scuso per questo“.

La Danimarca è il più grande esportatore al mondo di pellicce di visone, con una stima di 15-17 milioni di unità. In base alla legislazione attuale, il governo ha l’autorità di chiedere l’abbattimento solo agli allevatori di visoni dei sette comuni colpiti dalla mutazione.

E in Italia che cosa sta succedendo? Il primo contagio di un visone in Italia risale al 10 agosto, in un allevamento di Cremona. Poco più di 1.000 animali su 26.000 vengono testati a seguito della positività di un addetto e si scopre che due visoni risultano positivi. Questa notizia è stata comunicata dalla Lega Anti Vivisezione (Lav) il 27 ottobre ed è datata 30 ottobre la lettera che il ministero della Salute manda all’Oie, l’Organizzazione internazionale per la sanità animale, in cui comunica i contagi. Si parla di un ritardo di due mesi e mezzo dal verificarsi dell’episodio in questione. 

La stessa LAV ha diffuso immagini, provenienti anche dall’allevamento di Cremona, che mostrano come siano state violate le norme di biosicurezza volte a contrastare l’emergenza coronavirus SARS-CoV-2 nel settore dell’allevamento di visoni in Italia.

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Mentre in Olanda dopo il primo contagio di visone a maggio si è provveduto a testare tutti gli animali, il ministero della Salute italiano ha provveduto a testare solo gli animali dell’allevamento con l’addetto contagiato.

Sul sito della LAV è stato pubblicata una nota dell’’Agenzia per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) con una nuova Valutazione Rapida del Rischio per la salute pubblica in riferimento alle mutazioni del Coronavirus nei visoni che conferma i gravi pericoli per la salute pubblica già segnalati dalle evidenze scientifiche di ricerche condotte da Autorità sanitarie olandesi e danesi: Le mutazioni del coronavirus nei visoni possono influenzare i test diagnostici, comportare modifiche di trattamenti e avere un impatto sulla efficacia dei vaccini candidati sviluppati e forse richiedere che vengano aggiornati”.

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L’eventuale chiusura degli allevamenti di visioni presenti in Emilia-Romagna, nei Comuni di Galeata (Forlì-Cesena) e di Ravenna, e sul territorio nazionale “è di competenza del Ministero della Salute nell’ottica delle strategie di sorveglianza e prevenzione. Per quello che compete a questo assessorato, nelle sedi opportune faremo rilevare che è opportuno considerare la chiusura di questi allevamenti“. Lo ha detto l’assessore alle Politiche per la salute della Regione Emilia-Romagna, Raffaele Donini, rispondendo durante il question time alla consigliera del M5s Silvia Piccinini sulla necessità di chiudere gli allevamenti, come deciso dall’Olanda, per arginare i casi di Covid-19, con mutazione del virus nel passaggio tra uomo e animale.

Al momento attuale non sono stati segnalati casi di Covid-19 – ha aggiunto Donini – nei due allevamenti di visoni presenti in Emilia-Romagna. Entrambi gli allevamenti sono sottoposti a sorveglianza periodica da parte dei servizi veterinari dell’Azienda Usl Romagna, che hanno rilevato un buono stato sanitario degli animali e l’assenza di scostamenti nei livelli di mortalità rispetto agli anni precedenti. L‘assessorato si farà promotore di un approfondimento di questa tematica nell’ambito dei gruppi di lavoro istituiti a livello ministeriale in materia di sanità e benessere degli animali“. 

Intanto l’Oie invita i paesi “a proteggere la salute e il benessere degli animali, e di conseguenza la salute pubblica, attuando misure efficaci di gestione del rischio“. Sebbene la pandemia COVID-19 sia attualmente sostenuta attraverso la trasmissione da uomo a uomo “vi sono preoccupazioni che l’introduzione e la circolazione di nuovi ceppi virali nell’uomo, come quello dai visoni, possa comportare modifiche della trasmissibilità o virulenza e una diminuzione del trattamento e dell’efficacia del vaccino. Tuttavia, le conseguenze complete rimangono sconosciute e sono necessarie ulteriori indagini per comprendere appieno l’impatto di queste mutazioni“. L’Oie chiede per questo “una stretta collaborazione tra le autorità sanitarie pubbliche e degli animali è fondamentale per identificare e ridurre meglio l’impatto“.

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