A circa un anno di distanza dalla tempesta Vaia, le valli fanno i conti con il futuro: venduta la metà dei tronchi caduti e no a nuovi alberi. Per gestire eventi di tale portata sempre più frequenti “occorre un piano locale di adattamento ai cambiamenti climatici”, Roberto Barbiero, climatologo.
In quei terribili giorni di fine ottobre la tempesta Vaia ha danneggiato 20.000 ettari di superficie in Trentino, un volume complessivo di oltre 4 milioni di metri cubi di bosco, principalmente nell’area orientale della provincia, sopra i 1.200 metri. Una quantità di piante abbattute pari al legname solitamente tagliato in 9 anni.
No a nuovi alberi dopo la tempesta
“Devono passare sul mio cadavere se vogliono ripiantare qualcosa qui”, afferma Silvano Eicher Clere, presidente della Regola di Costalta e del consorzio Visdende. “Qui siamo molti avanti con i lavori – spiega Eicher – il 90% delle piante è stato già rimosso. Completeremo in fretta. Quest’area è privata e qui nessuno vuol ripiantare niente. Gli alberi pregiati che c’erano non possono certo essere seminati, deve essere la natura a fare il suo corso”.
La Val Visdende è uno dei territori più colpiti dalla devastazione di Vaia. Nei due giorni di convegni e incontri alla Fiera & festival delle foreste di Longarone si è fatto il punto per capire quali siano le strategie da intraprendere per i prossimi anni. A quasi undici mesi il cinquanta per cento della Val Visdende è stato ripulito dai tronchi schiantati. Per completare la rimozione le aziende che hanno vinto gli appalti hanno tempo fino a dicembre 2020.
Oltre la metà del legname abbattuto venduto a in Austria e Cina
Dopo un lavoro intenso e organizzato attraverso l’Unità di missione strategica per la ricostruzione, che riunisce una decina di dipartimenti provinciali coinvolti nella stima dei danni e nella ricostruzione, coordinata da Raffaele De Col, oltre la metà del legname abbattuto (il 52%) è già stato venduto negli ultimi dieci mesi: 2 milioni e 100 mila metri cubi di materiale acquistato in gran parte da Austria e Cina. Dall’Interporto di via Innsbruck partono, ogni settimana, quattro “treni del legno”, ognuno di circa 900 tonnellate, 3.200 tonnellate a settimana. I convogli sono diretti verso le segherie di Woerg in Austria (tre alla settimana) e uno verso Marcianise, in Campania.
Di tutto il legno venduto, che pur essendo danneggiato è di buona qualità, finora sono stati esboscati e portati presso impianti di trasformazione oltre 800.000 metri cubi di materiale per essere utilizzato principalmente in due grandi settori: per la maggior parte nell’ambito dell’edilizia e nel settore degli imballaggi in legno, pallet e imballaggi per logistica, mentre una quota minore è destinata alle industrie che producono pannelli e cellulosa. Quello di cirmolo è impiegato anche per la realizzazione di mobili, mentre piccole quantità sono destinate al mercato della liuteria (i legni del Paneveggio e della val di Fiemme). Il legno rovinato e i residui delle utilizzazioni forestali sono invece destinati al mercato delle biomasse per la produzione di energia. I prezzi: il legno viene venduto all’asta nel portale della Camera di commercio a prezzi ridotti: l’abete a 19-20 euro al metro cubo “in piedi” (nel bosco), il larice a 80 euro al metro cubo.
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“Siamo soddisfatti del lavoro svolto finora e del legname recuperato — commenta Maurizio Zanin, dirigente dell’Agenzia provinciale delle foreste demaniali — Ora contiamo di recuperare un altro milione di metri cubi di legname. Solo una quota marginale resterà in alcuni boschi, nei lotti difficili da raggiungere, in alta quota, non pericolosi”.
All’estero è destinato il legname delle aree più colpite come la val di Fassa, parte del Primiero, Pinè, Grigno e Valsugana. Anche se non tutto l’utilizzato viene esportato: i tronchi di maggiori dimensioni vengono in genere acquistati dalle segherie locali, mentre l’export riguarda tronchi di diametri medio-piccoli.
“Il nostro obiettivo — precisa Zanin — è quello di portare nell’arco di due anni all’utilizzazione di tutto il legno schiantato”. E rileva “il grande sforzo da parte di tutto il sistema forestale. Il nostro scopo per il 2020 è rimboschire, un lavoro che durerà una decina di anni”.
“Occorre un piano locale di adattamento ai cambiamenti climatici”, climatologo Roberto Barbiero
Il climatologo Roberto Barbiero, referente dell’Osservatorio trentino sul clima, in merito ai possibili scenari futuri ha spiegato, in un’intervista al Corriere del Trentino, come “dal punto di vista climatologico, tempeste come Vaia hanno costretto anche la comunità scientifica a interrogarsi su come gestire eventi che nei prossimi decenni saranno sempre più frequenti e più intensi. Ci saranno fenomeni di caldo e di siccità più intensi e allo stesso modo precipitazioni più forti. Lo stiamo già osservando: lo scorso anno abbiamo vissuto la tempesta Vaia, mentre al Nord Europa si è registrata una siccità anomala. Quest’anno giugno e luglio sono stati anomali, con temperature che hanno raggiunto picchi mai visti: penso agli oltre 42 gradi di Parigi. Tutti ingredienti che possono far pensare a fenomeni intensi. E che devono far riflettere sui rischi del cambiamento climatico sull’ecosistema, sull’economia, sulla salute”.
È difficile dare una previsione sulla frequenza di questi eventi “ma la direzione è chiara. – afferma Barbiero – Si va verso una estremizzazione dei fenomeni. Per quanto riguarda le precipitazioni, ad esempio, non si prevede un cambio sul fronte della quantità complessiva, ma sulla distribuzione, con periodi di siccità alternati a eventi di pioggia più estremi”.
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Per far fronte ai cambiamenti climatici “la comunità internazionale fissa due obiettivi: la mitigazione e l’adattamento. – precisa Barbiero – Per quanto riguarda la mitigazione, l’azione principale, un’urgenza riconosciuta da tutti, è la riduzione dei gas a effetto serra, intervenendo in primo luogo nel settore energetico e in quello della produzione di cibo, i più impattanti. Anche il Trentino è chiamato a fare la sua parte, agendo in particolare su trasporti ed edilizia. In questo campo, Aprie (l’Agenzia provinciale per le risorse idriche e l’energia) sta lavorando per un nuovo piano energetico. E la sfida più importante che dovremo affrontare nei prossimi anni è quella di mettere in sinergia tutti gli interventi e tutte le competenze, impegnandoci anche nell’elaborazione un piano locale di adattamento ai cambiamenti climatici, quando avremo quello nazionale a cui riferirci. Si dovranno studiare gli impatti del cambiamento climatico nei vari settori, individuando soluzioni e cercando di costruire misure coerenti».
I cambiamenti climatici cambieranno anche il volto del Trentino: “La riduzione dei ghiacciai avrà effetti a livello paesaggistico, ma modificherà anche la stabilità dei terreni. E creerà problemi a lungo termine per le riserve d’acqua. Per quanto riguarda flora e fauna, l’aumento delle temperature sta già provocando modifiche nell’ecosistema: ci sono specie vegetali e animali che si spostano più in alto. Con rischi di estinzione per qualche animale”.
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