L’uragano, declassato alla categoria 4 (la seconda per intensità) ha perso potenza ma ha causato danni ingentissimi dopo aver superato il Mar dei Caraibi e la Giamaica. E il bilancio appare provvisorio e frammentario.
Nonostante sia stato declassato dalla categoria 5, che indica il livello di maggior pericolosità, alla categoria 4, l’uragano Beryl prosegue la propria marcia verso Ovest. E dopo aver devastato diversi Stati insulari caraibici, ha appena raggiunto la Giamaica e sta per arrivare anche in Honduras e Messico. Al momento, si ha notizia di almeno nove morti, diverse decine di feriti e un numero imprecisato tra dispersi e sfollati. Si tratta tuttavia di un bilancio incerto, temporaneo e frammentario, che con tutta probabilità potrebbe aggravarsi col passare delle ore e dei giorni.
L’American Hurricane Center ha calcolato che Beryl ha portato sulla Giamaica venti fino a 215 km/h, causando ingenti danni. Ed è anche per questo che, nonostante l’uragano abbia perso leggermente potenza, l’allerta è massima in quegli Stati, come Messico e Honduras, che si apprestano ad affrontare l’emergenza. Nelle aree in cui Beryl dovrebbe toccare terra, sono già scattate le evacuazioni di residenti e turisti, nella speranza di minimizzare quantomeno le perdite in termini di vite umane.
La situazione resta estremamente delicata: secondo l’Unicef, sono almeno tre milioni i bambini a rischio nei territori già interessati o che potrebbero essere coinvolti a breve dal passaggio di Beryl. Va ricordato che mai prima d’ora, tra giugno e luglio, si era formato un uragano di categoria 5 in un lasso di tempo decisamente ristretto, appena 24 ore. Climatologi, meteorologi e ricercatori esperti di uragani non hanno dubbi: un’anomalia del genere può essere spiegata solo dall’effetto combinato di un fenomeno naturale, come El Niño, e di uno invece causato dall’uomo, ovvero il cambiamento climatico.