Home Attualità Ue, fino a 10 anni di carcere per i reati ambientali

Ue, fino a 10 anni di carcere per i reati ambientali

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Il Parlamento europeo ha approvato una direttiva già definita rivoluzionaria: ora gli Stati membri, Italia compresa, avranno due anni di tempo per recepirla nei propri ordinamenti.

Una stretta, già definita rivoluzionaria, dell’Ue contro i reati ambientali. Il Parlamento europeo ha approvato (con 499 voti a favore, 100 contrari e 23 astenuti) una direttiva che punta a rendere più severe le pene di chi commette crimini contro l’ambiente e, di conseguenza, contro la salute umana.

Reati ambientali, la nuova direttiva Ue

La nuova direttiva, ora, dovrà essere recepita dagli Stati membri Ue nei rispettivi ordinamenti legislativi entro i prossimi due anni. Il testo prevede nuove tipologie di reato, che non venivano coperte dalla precedente direttiva e rendevano difficili, se non impossibili, le azioni penali contro chi si macchia di crimini contro l’ambiente. Non si parla di ecocidio, ma di crimini “assimilabili” ad esso: tra questi, la pesca illegale di tonno pinna blu, l’inquinamento agro-industriale delle aree protette e la caccia illegale, l’appropriazione indebita di acqua, l’introduzione e la diffusione di specie aliene invasive e la distruzione dell’ozono.

L’ecocidio

A tal proposito, va ricordata la definizione di ecocidio, come è stata formulata nel 2021 da 12 avvocati provenienti da vari Paesi del mondo: “Atti sfrenati o illegali, commessi con la consapevolezza di una sostanziale probabilità di gravi o diffusi danni a lungo termine per l’ambiente“. Il Parlamento europeo, lo scorso anno, aveva proposto di includere l’ecocidio nella legislazione Ue.

Pene più severe

La nuova direttiva mira a portare in tutta l’Ue pene più severe contro i reati ambientali: si rischiano, per persone come dirigenti delle aziende, pene fino a otto anni, che possono salire a 10 se tra le conseguenze dei crimini c’è la morte di una o più persone. Ovviamente, per le sanzioni penali individuali occorrerà che i tribunali stabiliscano che gli imputati fossero effettivamente a conoscenza dei reati. La nuova direttiva punta a essere un efficace deterrente, se è vero ciò che afferma Antonius Manders, europarlamentare olandese di centro-destra: “Gli amministratori delegati possono rischiare una multa, ma non amano essere coinvolti e non vogliono di certo finire in galera“.

Le responsabilità 

In pratica, i singoli individui possono essere accusati se sono consapevoli degli effetti delle loro decisioni e se hanno il potere di fermarli. E non bastano permessi ed autorizzazioni ufficiali per essere esenti da ogni accusa. Se poi si viene a scoprire della dannosità per l’ambiente di un atto considerato legale o comunque autorizzato, l’ipotesi di reato sussiste. A tal proposito, viene fatto l’esempio di alcune aziende chimiche olandesi che nel 1982 avevano ottenuto il permesso per scaricare nelle acque alcune sostanze, che poi si era scoperto contenessero PFAS. Oggi che è dimostrato scientificamente l’impatto negativo di questi composti chimici sulla salute umana, con la nuova direttiva il permesso dovrebbe essere revocato.

La direttiva nei vari Paesi Ue 

Ora gli Stati dovranno recepire la direttiva Ue entro due anni, ma saranno i singoli Paesi a decidere sull’entità delle multe alle singole aziende e a stabilire se i reati commessi da aziende europee, ma in territorio extra-Ue, dovranno rientrare nella nuova legge. Su questo aspetto, però, la discussione è ancora aperta.

“Una delle leggi più ambiziose al mondo”

L’Ue sta per adottare una delle leggi più ambiziose al mondo, che punta a mettere fine all’impunità di chi commette reati ambientali. Una questione importante e urgente, anche perché finora le leggi sono state troppo vaghe e le pene troppo severe. I crimini ambientali crescono due o tre volte più dell’economia globale e in pochi anni sono diventati il quarto tipo di reati più diffuso al mondo” – ha spiegato Marie Touissant, avvocata ed europarlamentare francese dei Verdi – “Si poteva fare molto di più qui al Parlamento europeo, ma ora sarà cruciale seguire la revisione, nel Consiglio d’Europa, della Convenzione di protezione penale dell’Ambiente. Adottata inizialmente nel 1998, non è mai stata ratificata e quindi non è mai entrata in vigore: adesso è il momento di accelerare anche qui“.