Mykhailo Travetsky ha deciso di rimanere nel Paese in guerra per prendersi cura delle 300 mucche grigie ucraine che rischiano l’estinzione
Se non fosse rimasto lì a prendersi cura di loro, le 300 mucche grigie ucraine che vivono nell’oblast di Sumy sarebbero sicuramente morte. L’amore per gli animali e la consapevolezza che si tratta di una razza in via d’estinzione hanno convinto Mykhailo Travetsky, veterinario e agricoltore, a rimanere lì con loro.
L’oblast di Sumy, dove il veterinario ucraino si sta prendendo cura delle 300 mucche grigie ucraine e di altri esemplari di altre razze, si trova in una zona che in questo momento è in gran parte sotto l’occupazione militare dell’esercito di Mosca.
Nonostante la presenza dei russi e la pericolosità del momento, però, Mykjailo Travetsky ha deciso di rimanere lì per proteggere alcuni dei pochi esemplari rimasti in vita della razza di mucche grigie.
La sua dedizione al lavoro e alla preservazione della biodiversità nonostante un concreto pericolo di vita ha attirato l’attenzione di tanti in tutto il mondo. Tra questi anche Slow Food che ha deciso di destinare al medico una parte dei fondi raccolti per aiutare l’Ucraina.
Un aiuto da Slow Food
“Da quando, il 24 febbraio 2022, è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina, nonostante il pericolo, il 90% dei membri della nostra comunità Slow Food in Ucraina (agricoltori, allevatori, trasformatori, cuochi) ha scelto di rimanere nelle loro terre. Per salvaguardare i loro raccolti e i loro animali, per sfamare le persone che sono rimaste, i soldati e i rifugiati. Alla immane tragedia umana si aggiunge la devastante perdita di biodiversità, anch’essa sotto l’attacco dei bombardamenti”, si legge in una nota di Slow Food.
Ma il veterinario non è l’unico ad avere bisogno di supporto. Spiegano da Slow Food che “tutti gli agricoltori, produttori della nostra rete hanno bisogno di qualsiasi aiuto che siamo in grado di dare loro: sono tutti al lavoro, nonostante questo tempo di guerra. E ciò significa provvedere con tutto il cibo che riescono a produrre ai bisogni dei rifugiati, della popolazione colpita dalla guerra. Come potete immaginare, al momento non possono disporre di entrate e le loro risorse sono limitate”.
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