Dall’overtourism alla crisi climatica, fino agli affitti brevi e all’aumento spaventoso dei prezzi delle case (ma solo nelle località in cui il turismo di lusso è ben radicato). I cittadini che hanno bisogno di una casa in affitto sempre più in difficoltà, ma chi ci guadagna?
Non solo l’overtourism, affitti brevi e altre conseguenze. Il turismo sta cambiando anche per fattori strettamente legati alla crisi del clima, e i prezzi delle case, per chi riscopre la villeggiatura, aumentano soprattutto lontano dalle grandi città e dai luoghi dove le temperature sono sempre più alte e insostenibili. È anche per questo che i prezzi delle case, nell’ultimo decennio, sono schizzati alle stelle specialmente nelle località turistiche di montagna più gettonate. La conferma arriva da alcuni dati illustrati dal Sole 24 Ore.
L’overtourism e le conseguenze negative
Da tempo, in diverse parti del mondo, si stanno moltiplicando le manifestazioni dei residenti contro il turismo di massa. C’è un dato inequivocabile da tenere in considerazione: l’80% dei turisti, a livello mondiale, visita appena il 10% delle destinazioni. E quel 10% di luoghi sta diventando sempre più sovraffollato, con problemi non trascurabili a livello sociale. In primis, la mancanza di case in affitto per i residenti e l’opportunità, per i proprietari, di sfruttare gli edifici residenziali a scopo turistico. Con gli affitti brevi, che rendono di più rispetto a quelli tradizionali, diventa più difficile (e ancora più costoso) trovare casa in quei luoghi che hanno anche una certa tradizione turistica. Un danno non indifferente, quello del caro-affitti, in un Paese come il nostro a forte vocazione turistica ma in cui il potere d’acquisto dei cittadini continua a calare in modo drammatico (soprattutto per quanto riguarda il ceto medio e le classi sociali meno abbienti, i più ricchi ne risultano decisamente meno colpiti). Senza considerare, poi, che il turismo di massa, quello ‘mordi-e-fuggi’, è tutto fuorché sostenibile anche dal punto di vista ambientale.
Il turismo di massa in Italia
Si può salutare con soddisfazione la ripresa del turismo a livelli pre-Covid in Italia? Certo che sì, ma vanno fatte delle dovute considerazioni. La prima: il nostro Paese è uno dei più belli al mondo per la grande varietà di scelta a livello turistico (paesaggi marittimi e montani meravigliosi; un patrimonio artistico, storico e culturale su tutto il territorio che non ha praticamente eguali al mondo; presenza diffusa di aeroporti da Nord a Sud, spesso raggiungibili anche con le compagnie aeree low-cost). La seconda: oltre alla vocazione turistica naturale, ci sono ragioni economiche che rendono l’Italia una meta assolutamente irrinunciabile (i già citati voli low-cost, ma anche piattaforme come Airbnb e Booking, il cambio con l’euro a vantaggio del dollaro per i turisti statunitensi e la crescita delle classi medie soprattutto in Cina e in altri Paesi asiatici che crescono velocemente). Insomma, il turismo in Italia cammina saldamente sulle proprie gambe e non ha bisogno di chissà quali misure eccezionali per essere sostenuto. Il problema, semmai, restano proprio le conseguenze di un overtourism che colpisce anche il nostro Paese. Per i turisti stranieri e gli italiani più abbienti, è un paradiso. Per la classe media e quelle più povere, invece, resta l’inferno del caro-affitti.
Il clima spinge la montagna
Fin qui, e non è una novità, il turismo internazionale in Italia sta diventando sempre più di massa. Cosa fanno invece gli italiani residenti? Il turismo interno, da qualche tempo, sta tornando parzialmente al passato, con la riscoperta della villeggiatura nelle seconde case (che però, se situate in località turistiche, diventano un’occasione di guadagno grazie agli affitti, specialmente in alta stagione). Italiani e stranieri, anche grazie al lavoro da remoto, riescono ad allungare ponti e weekend e ci sono destinazioni turistiche privilegiate.
Tuttavia, nonostante l’Italia abbia oltre 8.000 km di costa, da qualche tempo una delle mete più gettonate è la montagna (e per la legge della domanda e dell’offerta, inevitabilmente ci sono aumenti clamorosi specialmente al Nord, tra Alpi e Dolomiti). Le temperature sempre più calde e invivibili, specialmente nel periodo estivo, tra Centro e Sud, favoriscono lo sviluppo del mercato immobiliare a livelli mai visti prima perché i turisti, italiani e stranieri, cercano sempre di più un refrigerio che rischia di diventare un lusso in un Paese dove le temperature medie sono sempre più alte indipendentemente dalle stagioni.
L’impennata dei prezzi e il turismo di lusso
Un’indagine di Scenari Immobiliari, riportata anche da Laura Cavestri per Il Sole 24 Ore, ha analizzato le variazioni dei prezzi medi al m² delle case in 40 località turistiche italiane. I risultati maggiormente degni di nota riguardano l’aumento del prezzo delle seconde case negli ultimi cinque anni (+17%, analogo a quello di Milano e nettamente più alto della media nazionale del +4%) e quello dei prezzi medi nelle località di montagna nell’ultimo decennio (+26,8% in media). Per quanto riguarda quest’ultimo dato, c’è da notare come, nella classifica di varie località turistiche italiane, nella top ten degli aumenti compaiono ben sette località di montagna (tutte al Nord) e solo tre di mare (tutte in Sardegna). Questa la classifica delle prime 10 località turistiche per aumento di prezzi al metro quadro nell’ultimo decennio:
1) Cortina d’Ampezzo (Belluno), montagna, +38%
2) Madonna di Campiglio (Trento), montagna, +34,7%
3) Ortisei (Bolzano), montagna, 34%
4) San Martino di Castrozza (Trento), montagna, +33,3%
5) Corvara in Badia (Bolzano), montagna, +32,7%
6) Brunico (Bolzano), montagna, +32,1%
7) Porto Cervo (Sassari), mare, +31,6%
8) Porto Rotondo (Olbia), mare, +31,2%
9) Selva di Val Gardena (Bolzano), montagna, +30,4%
10) Stintino (Sassari), mare, +30,7%.
Come si evince da questa classifica, gli aumenti riguardano località turistiche che di certo in passato non hanno mai brillato per i prezzi competitivi e alla portata di tutte le tasche. In pratica, la crisi climatica sta favorendo la montagna, ma soprattutto quelle località turistiche dotate di strutture di lusso.
La riscoperta delle seconde case
C’è poi un fenomeno assolutamente non trascurabile per le sue conseguenze socio-economiche, che abbiamo già citato: la riscoperta delle seconde case.
“Cresce la fascia di italiani che eredita case da genitori o nonni. La casa è anche un importante ammortizzatore sociale in un Paese che ha redditi medio-bassi” – spiega Marco Celani, presidente dell’Associazione dei gestori degli affitti brevi (Aigab) – “Secondo l’Istat, ci sono 600mila proprietari che con gli affitti brevi hanno un’entrata integrativa. Su 35 milioni di abitazioni, il 30% sono seconde case non utilizzate e l’1,8% quelle messe a reddito con affitti brevi“.
Sembra un fatto positivo, ma va preso con le dovute accortezze. “L’investimento immobiliare ha una componente di redditività da locazione e di rivalutazione. Ma ci sono tasse, spese, costi di gestione, utenze (che a differenza degli affitti lunghi sono pagate dai proprietari)” – il punto di Luca Dondi, ad di Nomisma – “Il rendimento delle locazioni turistiche difficilmente supera il 3%. Acquistare per mettere a reddito nelle grandi città offre più possibilità di guadagno, nelle località turistiche serve cautela“.
Il doppio taglio degli affitti brevi
Gli affitti brevi, quindi, in determinate circostanze (non sempre, e in base a una moltitudine di variabili) possono essere vantaggiosi per i proprietari. Ci sono però effetti negativi per tutti, e non solo per chi è in cerca di un alloggio in affitto. In primis, occorre considerare l’offerta di immobili. Come spiega Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, “a fronte di prezzi cresciuti ovunque, quella di qualità è scarsa e a parte il lusso, gli aumenti, soprattutto in fascia media, non sono correlati ai servizi. C’è da attendersi un rallentamento dei prezzi e un calo maggiore soprattutto nella fascia media rispetto a quella alta“.