Con l’inizio del secondo mandato di Trump gli Stati Uniti modificano il proprio approccio alla lotta ai cambiamenti climatici. Cosa accadrebbe se avesse ragione il presidente negazionista? E cosa accadrebbe, invece, se ad aver ragione fosse la comunità scientifica internazionale?
Con la cerimonia di insediamento al Campidoglio è iniziato ufficialmente il secondo mandato presidenziale di Donald Trump. Il quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti d’America durante il suo discorso di insediamento ha chiarito subito quale strada avrebbe preso la nuova America: più trivelle, più petrolio e meno attenzione ai cambiamenti climatici.
“Drill baby, drill” urla alla folla The Donald, ricordando quello che era stato uno dei suoi slogan durante la campagna elettorale in cui prometteva di aumentare il numero di operazioni di trivellazione in tutto il Paese per utilizzare i suoi giacimenti di petrolio e gas naturale.
Trump ha detto che sfruttando nuovi giacimenti di idrocarburi calerà l’inflazione. Ha promesso che il Green Deal di Biden diventerà presto solo un ricordo e poi ha fatto quello che tutti si aspettavano (se non altro perché lui stesso lo aveva più volte annunciato in campagna elettorale): ha portato nuovamente gli Stati Uniti fuori dall’Accordo di Parigi sul clima (lo aveva già fatto durante il suo primo mandato. Prima che Biden, entrato nello Studio Ovale, decidesse di reintegrare il Paese negli accordi).
Azioni che, come è noto, sono contrarie a quanto da tempo chiede la comunità scientifica internazionale che ha sottolineato quanto sia ormai evidente che a causare il riscaldamento globale in corso siano le emissioni di gas serra legate all’utilizzo di combustibili fossili come petrolio, gas e carbone.
Ma per Trump il consenso scientifico evidentemente vale poco perché in diverse occasioni ha dichiarato che il cambiamento climatico è “una delle più grandi truffe di tutti i tempi”.
Il neo-presidente ha messo in dubbio la causa antropica del riscaldamento globale e ha anche scherzato sull’innalzamento del livello del mare. “Ho sentito che gli oceani si alzeranno nei prossimi 300 anni”, disse in un’occasione il tycoon. Per poi aggiungere: “Avremo un po’ più di proprietà con vista mare, che non è la cosa peggiore del mondo”.
Il riscaldamento globale e le sue conseguenze (come l’innalzamento degli oceani) provocheranno danni ingenti alle economie mondiali e perdite umane non indifferenti. Supponendo che abbiano ragione gli scienziati.
Ma se avessero torto? Se in realtà Trump fosse più intelligente e più sveglio dell’intera comunità scientifica internazionale? E se i cambiamenti climatici in corso non fossero causati dall’essere umano o, addirittura, non fossero così potenzialmente dannosi come dice che li studia da decenni?
Cambiamenti climatici, cosa accadrebbe se avesse ragione Trump
La comunità scientifica internazionale ha spiegato che il riscaldamento globale è causato dall’utilizzo di fonti fossili. La leadership politica del Pianeta ha compreso che per porre fine al riscaldamento globale bisogna porre fine all’utilizzo di combustibili fossili.
Sebbene la decarbonizzazione non sia una scelta economicamente vantaggiosa, è necessaria evitare le conseguenze peggiori della crisi climatica.
Per arrivare a un Pianeta decarbonizzato, i Paesi del mondo si stanno muovendo – con tempi e modi spesso assai diversi – per sostituire le fonti fossili con quelle rinnovabili e pulite.
Ma se avesse ragione Trump e se i cambiamenti climatici fossero naturali o non esistessero affatto, quali sarebbero le conseguenze?
Ci ritroveremmo con un sistema energetico molto diverso da quello attuale, basato non sul petrolio e sul gas naturale ma sul sole, sul vento, sulla forza dell’acqua e sul calore terrestre.
Una modifica del sistema energetico planetario che, è vero, avrebbe rappresentato uno sforzo inutile dal punto di vista della lotta alla crisi climatica. Ma avrebbe creato di sicuro un Pianeta più pulito e un’aria più salubre (le emissioni legate all’utilizzo di fonti fossili modificano il clima, ma causano anche un forte inquinamento atmosferico che provoca milioni di morti premature ogni anno).
In sintesi, se i cambiamenti climatici per assurdo fossero frutto dell’immaginazione di migliaia di scienziati e scienziate, avremmo speso tanti soldi senza risolvere il problema climatico ma risolvendo, in ogni caso, quello dell’inquinamento atmosferico.
Ok. E se invece Trump avesse torto? Se ad avere ragione fossero migliaia di uomini e donne che hanno deciso di dedicare la loro vita alla ricerca scientifica sulla climatologia?
Beh, allora sarebbe un problema.
Le conseguenze sul clima delle politiche di Trump
E dunque, se sulla crisi climatica avessero ragione gli scienziati e se Trump dovesse continuare sulla scia negazionista?
La lotta alla crisi climatica perderebbe un alleato importante. Forse il più importante. Perché gli Stati Uniti rimangono la prima potenza economica globale.
La fine delle politiche green da parte degli USA potrebbe portare all’allentamento degli sforzi di altri membri della comunità internazionale.
E con meno sforzi per la decarbonizzazione potremmo ritrovarci presto a superare la soglia dei 2°C di riscaldamento globale. Cioè la soglia che secondo gli scienziati rappresenterebbe il punto di non ritorno.
Superando quella soglia gli effetti del global warming sarebbero gravi:
- aumento del numero e della forza di eventi meteo estremi come tornado, nubifragi e grandinate;
- numero crescente di ondate di siccità che causerebbero crisi idriche importanti e renderebbero sempre peggiori gli incendi boschivi;
- scioglimento dei ghiacciai che farebbero alzare il livello del mare e distruggerebbero centinaia di città costiere che si ritroverebbero sommerse;
- distruzione degli habitat naturali di diverse specie animali e vegetali e perdita della biodiversità con conseguenze nefaste anche sulla catena alimentare.
Insomma, se Trump avesse torto sui cambiamenti climatici – come tutto fa supporre – servirebbero sforzi maggiori da parte di tutti gli altri Paesi del mondo per evitare le conseguenze peggiori della crisi climatica. Sperando che le politiche energetiche del neo-presidente non siano così dannose per il clima come lui stesso ha promesso.