L’Accordo di Parigi sul clima e la scelta di Trump di ritirare gli USA: quali saranno le conseguenze per la lotta globale al cambiamento climatico e l’impegno verso la decarbonizzazione?
Lo aveva promesso e lo ha fatto: uno dei primi atti politici di Donald Trump una volta tornato alla Casa Bianca è stato portare gli Stati Uniti nuovamente fuori dall’Accordo di Parigi sul clima.
Si tratta di un accordo con il quale quasi tutti gli stati del mondo nel 2015 si impegnarono a fare di tutto per mantenere il riscaldamento globale causato dai combustibili fossili “ben al di sotto” dei 2°C, cioè quella che gli scienziati hanno indicato come la soglia da non superare per evitare le conseguenze peggiori della crisi climatica.
Quali saranno, dunque, le conseguenze del ritiro degli USA dagli Accordi di Parigi a livello globale?
Cos’è l’Accordo di Parigi sul Clima?
Era il 12 dicembre del 2015 quando per la prima volta dall’inizio delle COP (le Conferenze dell’ONU sul cambiamento climatico) i rappresentanti di quasi tutti gli stati del mondo giungevano a una decisione storica: impegnarsi per limitare il riscaldamento globale che all’epoca stava emergendo come uno dei problemi più gravi da affrontare in questo secolo.
Chi firmò quegli accordi si impegnò a contenere l’aumento della temperatura media globale “ben al di sotto” dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali.
La temperatura di 2°C non fu scelta a caso. Fu quella che da tempo gli scienziati indicavano come quella da non superare per evitare le conseguenze peggiori del cambiamento climatico (come nubifragi, alluvioni, siccità, cicloni e tutti gli altri eventi estremi che stiamo imparando a conoscere).
Insomma, era chiaro che bisognava tenersi alla larga da quella soglia. Per questo i decisori politici inserirono nell’accordo che i Paesi si impegnavano, ove possibile, a limitarlo a 1,5°C.
Un altro obiettivo chiave dell’accordo è quello di raggiungere la neutralità climatica entro la metà del secolo, ovvero un equilibrio tra le emissioni di carbonio prodotte e quelle assorbite. Ciò, era chiaro già da allora, richiede un forte impegno verso la decarbonizzazione dei sistemi energetici, promuovendo fonti rinnovabili come il solare e l’eolico, e l’adozione di tecnologie per la cattura e lo stoccaggio della CO₂.
Le conseguenze di un’uscita degli USA dall’Accordo di Parigi sul clima
Ad oggi, quasi dieci anni dopo la firma di quell’accordo, il mondo non ha fatto i compiti a casa. La crescita della temperatura media globale è drammaticamente vicina a quell’1,5°C (soglia superata nel 2024) e secondo le previsioni siamo lontani anche dalla soglia dei 2°C.
Siamo lontani, certo. Ma la possibilità di mantenere il riscaldamento globale sotto i 2°C esiste ancora. Per questo tutti gli Stati che hanno firmato gli accordi devono accelerare sulle proprie politiche climatiche.
E qui casca l’asino: con il ritiro degli USA dagli accordi e con il ritorno di Donald Trump nello Studio Ovale viene a mancare l’impegno della maggiore economia mondiale e del secondo emettitore di CO₂ del mondo.
Il timore, inoltre, è che con il dietrofront americano venga a mancare la spinta anche per tante altre economie del mondo che temono che gli USA, sfruttando a più non posso petrolio, gas e finanche il carbone, possano garantirsi un vantaggio competitivo che non possono lasciar loro in nessun modo.
Trump annulla gli obiettivi sulle auto elettriche
La decisione di Trump di tirare gli Stati Uniti fuori dall’Accordo di Parigi sul clima non è solo un tentativo di strizzare l’occhio ai negazionisti climatici.
Il neo-presidente degli USA intende fare sul serio nella sua lotta alle politiche green. Infatti, insieme all’atto con cui ha ritirato gli States dall’Accordo sul clima, Trump ha anche cancellato le norme volute da Biden sia sulla limitazione delle trivellazioni per lo sfruttamento di nuovi pozzi di petrolio e gas, sia sugli obiettivi di mobilità sostenibile.
In particolare, ha cancellato un ordine esecutivo con cui l’ex presidente Joe Biden aveva posto l’obiettivo non vincolante di trasformare il 50% del parco auto americano in veicoli elettrici.
Da ieri quello non è più un obiettivo del governo americano. Questo nonostante uno dei maggiori e più influenti sodali politici di Trump sia proprio Elon Musk, capo della Tesla, la più grande casa automobilistica del mondi specializzata nella produzione di auto elettriche.
Insomma, la scure di Trump si sta abbattendo su tutto ciò che ricorda il tentativo della precedente amministrazione di combattere la crisi climatica causata dai combustibili fossili.
Se il nuovo presidente continuerà su questa strada durante il suo intero mandato o se si sia trattato solo di un tentativo di rimarcare il differente approccio tra la sua amministrazione e quella precedente è presto per dirlo.
Ciò che è certo è che senza l’impegno degli Stati Uniti la lotta alla crisi climatica diventa decisamente più difficile da vincere.