Aumentano i livelli di TFA nel vino di 10 Paesi europei. Dalle bottiglie arriva l’ennesimo l’allarme sull’inquinamento da PFAS. PAN Europe: “Intervento urgente per fermare ulteriori emissioni di TFA nell’ambiente”.
Dal vino arriva un campanello d’allarme sull’inquinamento da TFA (acido trifluoroacetico) in Europa. È quanto emerge dal rapporto “Messaggio dalla bottiglia, il rapido aumento della contaminazione da TFA in Ue” pubblicato dalla rete per la salvaguardia dell’ambiente Pesticide Action Network (PAN Europe). I dati hanno mostrato un “drammatico aumento” dei livelli della sostanza chimica del gruppo dei PFAS, i cosiddetti “inquinanti eterni”.
L’organizzazione no-profit ha analizzato 10 vini vecchi e 39 vini recenti provenienti da 10 Paesi europei. I TFA sono stati rilevati in tutti i vini prodotti recentemente, con una concentrazione media di 110 microgrammi per litro (µg/l) e picchi fino a 320 µg/l. Un valore di circa 100 volte superiore ai livelli medi – già elevati – misurati in precedenza nelle acque superficiali e potabili. I più colpiti dalla presenza del composto chimico sono risultati i vini austriaci.
A sottolineare quanto il problema sia tanto grave quanto recente c’è il dato – in netto contrasto – emerso dall’analisi dei vini più vecchi. In quelli prodotti prima del 1988, infatti, non è stata rilevata alcuna traccia di TFA. È dal 2010 che i ricercatori hanno osservato l’impennata dei livelli di contaminazione.
Le tracce dell’inquinante, sebbene i livelli medi variassero, sono state trovate nei vini di tutti i Paesi in quantità superiori ai già elevati livelli registrati nell’acqua. Inoltre, i vini con più TFA contenevano anche un numero e una quantità maggiore di residui di pesticidi sintetici. In totale, 18 pesticidi sono stati rilevati in tutte le bottiglie, inclusi due fungicidi PFAS: fluopyram e fluopicolide.
Gli studiosi non hanno analizzato solo vini convenzionali, ma anche biologici. Dai risultati è emerso che 4 dei 5 vini bio analizzati non contenevano residui di pesticidi rilevabili, ma tutti contenevano TFA.
Secondo Helmut Burtscher-Schaden, chimico ambientale presso GLOBAL 2000 e promotore dello studio, i risultati sono allarmanti sotto due aspetti. Il primo è relativo alle concentrazioni rilevate, che indicano un massiccio bioaccumulo dell’acido trifluoroacetico nelle piante: “È probabile che con la dieta ingeriamo una quantità di TFA significativamente superiore a quella ipotizzata in precedenza”, ha commentato.
Il secondo aspetto riguarda il forte aumento della contaminazione negli ultimi quindici anni: “È necessario agire con urgenza per fermare ulteriori emissioni di TFA nell’ambiente”, ha osservato Burtscher-Schaden.
La presenza di questa sostanza chimica nel vino, secondo gli scienziati è “un campanello d’allarme che richiede un’azione decisa”. Per Salomé Roynel, responsabile delle politiche di PAN Europe: “I risultati sono un chiaro campanello d’allarme per l’UE. Le sostanze che rilasciano TFA nell’ambiente devono essere ritirate dal mercato senza indugio. Questo deve iniziare con un divieto immediato di tutti i pesticidi PFAS – una fonte diretta e facilmente prevenibile di inquinamento da TFA – insieme al divieto dei gas fluorurati”.
“A metà maggio gli Stati membri dell’Ue sono invitati a votare sulla proposta della Commissione di vietare il flutolanil, un pesticida PFAS che emette TFA. Ci auguriamo che comprendano che questo è un momento decisivo per il futuro della nostra acqua, del nostro cibo e, in ultima analisi, della nostra salute, e che votino a favore del suo divieto”, ha concluso Roynel.
Alla luce di quanto emerso dalla ricerca e della difficoltà di rimozione di queste molecole dall’ambiente, gli autori hanno chiesto:
- Un divieto immediato sui pesticidi PFAS e sui gas fluorurati;
- Un programma completo di monitoraggio dei TFA nei prodotti alimentari;
- Un approccio normativo precauzionale che tenga conto delle significative lacune nei dati tossicologici e dei potenziali rischi per la salute pubblica, compresi i bambini.
Cosa sono i TFA?
Il TFA è una molecola a catena ultracorta del gruppo PFAS particolarmente persistente. Oltre a Greenpeace, che ne ha parlato in un report in cui sottolinea come questa sostanza sia il PFAS più presente sul pianeta, anche PAN Europe ha da tempo lanciato l’allarme sui pericoli dell’inquinante eterno.
Le indagini della no-profit, infatti, hanno dimostrato l’abbondante presenza del TFA nelle acque superficiali. Secondo le loro analisi, il PFAS è stato rilevato in concentrazioni tra 370 e 3.300 nanogrammi per litro nelle acque superficiali e di falda di dieci nazioni europee. A oggi non esiste un quadro esaustivo sugli effetti del TFA sulla salute umana, ma alcuni decenni fa non si sapeva molto neanche degli effetti dei PFAS, che poi si sono rivelati dannosi sia per l’ambiente che per l’uomo.
Greenpeace, con le analisi effettuate durante la campagna “Acque senza veleni”, ha verificato la presenza del TFA nelle acque potabili italiane. Un’analisi su cui non esistono dati pubblici.
“Per la prima volta in Italia abbiamo prodotto dati relativi alla presenza di TFA, l’acido trifluoroacetico. – spiega Giuseppe Ungherese, responsabile della Campagna Inquinamento Greenpeace Italia a TeleAmbiente – Abbiamo scoperto come questa sostanza sia diffusa su tutto il territorio nazionale, con alti livelli di contaminazione, soprattutto nel Nord Italia, ma anche nella Sardegna. Il problema è che questa molecola non può essere rimossa dai più comuni trattamenti di potabilizzazione. In Europa recentemente questa molecola è stata trovata in numerosi marchi di acqua minerali, inclusi marchi di zone alpine che provengono dall’Austria”.