Home Energia Lotta alla crisi climatica, ecco il tessuto “cattura-CO2” con tecnologia (anche) italiana

Lotta alla crisi climatica, ecco il tessuto “cattura-CO2” con tecnologia (anche) italiana

Un team di scienziati delle università di Cambridge e Torino ha sviluppato un tessuto innovativo in grado di catturare la CO2 direttamente dall’atmosfera. 

Prima che l’umanità abbandoni del tutto le fonti fossili come petrolio, gas e carbone, che secondo la comunità scientifica generano il riscaldamento globale, ce ne vorrà di tempo.

Stiamo facendo grandi passi avanti nell’implementare fonti di energia pulita, come il solare e l’eolico, ma l’urgenza legata ai cambiamenti climatici in corso ci impone di fare di più, di pensare fuori dagli schemi.

È quello che ha fatto un gruppo di scienziati di un team internazionale che ha visto la partnership tra l’Università di Cambridge e quella di Torino che sono riusciti a creare un tessuto molto particolare, perché riesce a catturare la CO2 direttamente dall’atmosfera.

Ma come?

Ce lo siamo fatti spiegare meglio da una delle scienziate che ha partecipato alla ricerca, la professoressa Valentina Crocellà del Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino.

Il tessuto cattura-CO2 dell’Università di Torino

“Utilizzando un processo simile a quello di una batteria, noi possiamo caricare il nostro materiale con delle specie chimiche che sono più affini all’energia carbonica rispetto a quello che sarebbe il materiale in sé”, ha spiegato la professoressa Crocellà.

“In questo caso il materiale è un carbonio attivo, che è estremamente poco costoso che viene poi modificato con questa tecnica per renderlo affine alla anidride carbonica e poter interagire con essa”.

Questo tipo di tessuto dunque rappresenta una novità scientifica molto importante per diverse ragioni. Intanto per il materiale utilizzato. Solitamente per catturare la CO2 dall’atmosfera vengono utilizzati composti chimici sotto forma di polvere, questo significa che essi devono essere utilizzati in strutture specifiche che vengono costruite lì dove le emissioni di CO2 avvengono, ad esempio nelle centrali elettriche a carbone o a gas naturale o anche nei processi industriali particolarmente inquinanti come quelli dell’acciaio o del cemento.

Con questo tessuto invece la cattura potrà avvenire praticamente ovunque, come spiegano la professoressa Crocellà e l’altro autore italiano della ricerca, il dottor Matteo Signorile, sempre dell’Università di Torino.

“Un conto è catturare dalla fonte, un conto è catturare la CO2 direttamente dall’aria”, ha detto Crocellà. “Questi materiali sono fatti per catturare la CO2 direttamente dall’atmosfera, quindi quella che c’è normalmente nell’atmosfera. Un altro punto estremamente importante è che questa tecnologia, una volta che verrà implementata su larga scala, se mai lo sarà, potrebbe essere utilizzata ovunque nel pianeta in qualche modo, non necessariamente dove viene prodotta la CO2”.

“Stiamo parlando di differenze di concentrazione di diverse migliaia di volte”, le ha fatto eco il dottor Signorile. “La concentrazione in aria è 0.04%, la concentrazione in un gas di scarico è 10-15%, quindi c’è una differenza enorme tra catturare direttamente dalla fonte o in un qualunque luogo direttamente dall’atmosfera”

Il futuro della ricerca

Dunque, abbiamo un tessuto in grado di catturare la CO2 dall’atmosfera, quindi dobbiamo aspettarci da qui a qualche anno di trovare sul mercato delle magliette cattura CO2?

“A livello di vestibilità non è proprio il miglior tessuto che ci sia, la fibra di carbonio è la stessa che si usa per fare i cofani dell’automobile tuning, quindi chiaramente non è irrigidita dalla resina, però è comunque un materiale duro, tagliente e decisamente abrasivo, quindi non sarebbe proprio l’ideale per una vestibilità confortevole”, ha spiegato Signorile.

Niente da fare, non ci saranno magliette cattura carbonio. Poco male però perché i potenziali ambiti di applicazione esistono.

“Sicuramente l’utilizzo più semplice, che tiene conto anche di come sta evolvendo la tecnologia in questo settore, perché ci sono tantissime aziende che si stanno occupando ormai di implementare su larga scala la cattura della CO2 dall’aria, è quella di produrre dei filtri. Quindi un filtro che può filtrare l’aria e trattenere la CO2 e rilasciare aria pulita. Il filtro prevede che venga messo a punto un dispositivo che contiene il filtro, che sarà il tessuto di carbonio, con tutte le sue caratteristiche, dispositivo che verrà sviluppato da ingegneri. Invece l’altra possibilità potrebbe essere quella di rivestire delle pareti, essendo già un materiale in forma di tessuto, però anche in questo caso la parete non può essere rivestita così com’è, cioè bisogna comunque pensare a un filtro che può essere disposto su delle superfici per catturare l’anidride carbonica dall’aria e poi per rilasciarla, perché una volta che viene catturata, il materiale, dopo un certo numero di ore di lavoro, raggiunge la sua saturazione”, spiega Crocellà.

Ovviamente questo tessuto, per quanto straordinario, non può catturare CO2 all’infinito. A un certo punto arriverà alla saturazione e si fermerà. Ma tranquilli, c’è un’altra proprietà che rende questo tessuto davvero notevole, è riciclabile.

Una volta arrivato alla saturazione il tessuto può essere liberato dalla CO2 che ha catturato e che sarà poi stoccata in maniera tale da non far più danno al clima, per poi essere riposizionato lì dove era, in un macchinario o su una parete di un palazzo, per ricominciare il suo processo di cattura di anidride carbonica. Ma in che modo?

Spiega la professoressa Crocellà: “Non può più catturare CO2, deve essere rigenerato attraverso un processo di riscaldamento, che in questo caso è facilitato dal fatto che il carbone di cui è costituito questo materiale è un materiale conduttivo, quindi verrà utilizzata elettricità prodotta da fonti rinnovabili per riscaldare il materiale e quindi rilasciare la CO2, ma anche in questo caso comunque la tecnologia deve essere sempre volta a catturarla e poi rilasciarla in maniera controllata in modo da recuperare questa CO2 che verrà poi utilizzata in maniera differente, per convertirla per esempio in altri prodotti chimici o per altri usi.  Diciamo che non si può pensare a un rivestimento come quello di una tappezzeria, deve essere qualcosa di molto più elaborato”.

Sulla carta dunque è tutto perfetto, ma per trovare questo tessuto in giro ci vorrà ancora un po’ di tempo.

Spiega Signorile: “La ricerca è un punto diciamo ancora abbastanza iniziale, nel senso che la scoperta del nuovo materiale è chiaramente il punto di partenza poi per una serie di attività successive che riguarderanno anche delle figure professionali diverse. Noi siamo dei chimici e ci occupiamo di sviluppare e conoscere le proprietà di questi materiali, mentre poi subentreranno via via degli ingegneri che lo trasformeranno via via in un filtro o un dispositivo e questo verrà poi idealmente incorporato, come accennava la mia collega, in un impianto. Quindi tutto questo si verificherà ovviamente su una scala di tempi che sarà di anni”.