Il punto del geologo e divulgatore scientifico sul terrificante numero di vittime in seguito allo spaventoso sciame sismico che ha colpito il confine tra i due Paesi.
Uno sciame sismico spaventoso, quello che tra Turchia e Siria si è scatenato con la devastante scossa di terremoto di magnitudo 7.8 e che ha causato oltre 4.500 morti (ma si tratta di un bilancio, purtroppo, ancora momentaneo). Difficile anche solo immaginare la violenza del sisma, che ha avuto centinaia di repliche di intensità considerevole, una addirittura di magnitudo 7.5. E in questo, arriva un monito di Mario Tozzi: “Vale la pena ricordare che non è il terremoto che uccide, ma la casa costruita male. E in questo, la Turchia e la Siria assomigliano molto all’Italia“.
Mario Tozzi: “Quel consenso geologico ritirato senza preavviso”
“Le civiltà dei sapiens esistono solo grazie a un temporaneo consenso geologico, soggetto a essere ritirato senza preavviso. Il terremoto di Gaziantep ribadisce questo concetto su cui non riflettiamo abbastanza e che dimentichiamo in fretta” – scrive Mario Tozzi su La Stampa – “La magnitudo della prima scossa significa un terremoto centinaia di volte più forte di quello di Amatrice e Norcia del 2016. Una replica di magnitudo 7.5 significa una coppia sismica che sbriciola anche quanto, strutturalmente indebolito, ha retto al primo evento“.
Mario Tozzi: “Terremoto molto più devastante di quelli italiani”
Sulle analogie della prevenzione e del rischio sismico tra l’Italia e la Turchia, il geologo e divulgatore scientifico poi aggiunge: “Noi abbiamo un’aggravante: la magnitudo 7.5 da noi è stata raggiunta forse una sola volta, nel 1693 in Val di Noto, e anche il sisma di Reggio Calabria e Messina ha appena superato magnitudo 7. Tenendo presente che la magnitudo Richter, che non ha teoricamente un ‘tetto’ superiore (e può essere anche negativa), permette di riscostruire una scala logaritmica, si capisce come si tratti di eventi centinaia di volte meno energetici“.
Mario Tozzi: “In Italia manca la cultura del rischio sismico”
“In Giappone, in Cile, in Nuova Zelanda e in California si supera magnitudo 8 e case e infrastrutture reggono complessivamente. Anche perché i devastanti terremoti di San Francisco (1906), Tokyo (1923) e Valdivia (1960, il più forte finora mai registrato) furono presi come eventi ‘eponimi’ e come occasione per rifondare un Paese, costruendo una cultura del rischio sismico” – aggiunge Mario Tozzi – “Da noi e in Turchia si può dire che ciò non è stato ancora fatto. Si affida la ricorrenza delle scosse al destino, e non al fatto che il Mediterraneo è fatto così e dunque è solo questione di tempo“.