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Terra dei Fuochi, cronistoria di una catastrofe ambientale

Terra dei Fuochi. La storia, di quella che tutti noi conosciamo come Terra dei Fuochi, inizia alla fine degli anni ’80 con il consolidamento di una rete di affari malavitosi che collega produttori e smaltitori di rifiuti del nord e del centro Italia con le organizzazioni criminali della Campania e di altre Regioni del Mezzogiorno.

Si tratta di un sistema basato sullo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi, speciali ed urbani in cave e terreni campani e sull’innesco di roghi di rifiuti.

Una situazione favorita non solo da collusioni e corruzioni, ma anche dalla mancanza di impianti per lo smaltimento dei rifiuti e di una corretta pianificazione pubblica.

La Campania si dota di un Piano dei rifiuti solo nel 1993, senza produrre nessun effetto.

Nel 1994 scatta lo “stato di emergenza” e iniziano le gestioni commissariali.

Diverse le confische, da parte delle amministrazioni locali, di molte discariche gestite da privati per utilizzarle come siti di stoccaggio e liberare le strade, che erano sommerse da rifiuti.

È in queste circostanze che la camorra cominciò a far ricorso a discariche abusive, per evitare di saturare la capacità di quelle autorizzate.

Come dichiarato da un pentito “una volta colmate le discariche, i rifiuti venivano internati ovunque”.

A questa già critica situazione, dal 2001 al 2009, si aggiunge il disastro dello stoccaggio di rifiuti urbani “trattati” ma mai smaltiti: le cosiddette “ecoballe“.

Terra dei fuochi, scoperto un lago di rifiuti tossici in un cava VIDEO

Rifiuti che, in mancanza di impianti finali per lo smaltimento, vengono stoccati in siti dedicati generando quel mostro ambientale pari a 6 milioni di tonnellate (oggi circa 5.4 milioni) di rifiuti trattati ma non smaltiti.

Nel 2007, interviene e la Commissione Europea che avvia la prima procedura di infrazione, seguono indagini con arresti e sequestri.

I primi atti amministrativi risalgono al 2008, alla Sogesid, società in house del Ministero dell’Ambiente, a cui viene dato l’incarico di recintare i veleni.

Ma il risultato sono analisi a rilento, ricorsi, indagini giudiziarie, lavori che procedono a fatica.

Nel 2011, secondo un rapporto dell’ARPA della Campania, un’area di 3 milioni di metri quadri, compresa tra i Regi Lagni, Lo Uttaro, Masseria del Pozzo-Schiavi (nel Giuglianese) ed il quartiere di Pianura della città di Napoli, risulterebbe molto compromessa per l’elevata e massiccia presenza di rifiuti tossici.

Nel 2013, Bruxelles stanzia 250 milioni e 39 discariche pubbliche abusive su 120 vengono rese innocue.

Restano 81 discariche pubbliche  da sistemare, oltre a 26 private.

Rifiuti, in 10 anni la Regione Abruzzo è diventata una piccola ‘terra dei fuochi’

Seguono 15,5 milioni di euro affidati a un grande studio che si spera definitivo, messo nelle mani dell’Istituto Zooprofilattico e di un gruppo di agguerriti ricercatori indipendenti.

Si sommano piani, carotaggi, controlli, allarmi, per quasi un milione di euro speso in progetti solo da Sogesid.

Nel 2015, nel comune di Calvi Risorta, il Corpo forestale dello Stato ha scoperto un’area di sversamento clandestino dei rifiuti, ritenuta la più grande discarica sotterranea d’Europa di rifiuti tossici.

Si ritiene sia opera della camorra, con un stesso sistema di sigillamento degli strati della discarica, simile a quello utilizzato dal clan dei casalesi.

Il 15 ottobre 2015, l’ex premier, Matteo Renzi, durante la conferenza stampa di presentazione della Legge di Stabilità 2016 annuncia per la Terra dei fuochi in Campania misure pari a 450 milioni di euro (in più anni) che saranno stanziati attraverso un protocollo con la Regione Campania guidata da Vincenzo De Luca sotto la supervisione dell’Anac, l’Ente anticorruzione guidato da Raffaele Cantone.

150 milioni di euro stanziati subito con un decreto nel 2015 e 300 milioni per i successivi due anni.

Ma ecco la sorpresa, i fondi messi a disposizione non sono 450 milioni ma 300.

Bastò leggere il testo del decreto e fare due conti per capire: inizialmente 150 milioni per il 2016 e 150 per il 2017, poi ripartiti in 100 milioni per il 2016, 150 per il 2017 e 50 milioni per l’anno successivo.

La somma?  300 milioni.

Nel 2016 la Regione Campania ha avviato in collaborazione con l’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno di Portici il progetto SPES per analisi ambientali e sulla popolazione in relazione all’esposizione a fattori inquinanti.

In particolare in relazione alla Terra dei Fuochi risultano contaminati solo 33 ettari sui 50.000 indagati; su 30.000 campionamenti presso 10.000 aziende nell’area interessata sono riscontrate 6 positività (pari allo 0,2%) ed appena il 2% dei prelievi a ridosso di aree urbane presenta criticità.

La Regione avvia anche un piano di monitoraggio aereo attraverso droni dei possibili roghi di rifiuti e dota di nuovi mezzi la Protezione Civile dei Comuni interessati.

Inquinamento mari, meduse e rifiuti rappresentate in un unico scatto

L’11 giugno 2016, anche l’ex premier Renzi, accompagnato dal Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, visita Taverna del Re – il sito dove sono ammassate le eco balle in un’area grande quanto 320 campi di calcio.

“Via le ecoballe dalla terra dei fuochi. Ripuliremo la Campania in tre anni – ha detto Renzi – Via la camorra dalla gestione dei rifiuti. Vogliamo cancellare lo scandalo e vergogna della Terra dei fuochi, restituiremo alla Campania la bellezza del luogo. Ci dicevano che era impossibile cambiare le cose in Italia, stiamo dimostrando che non è così”.

Nel 2019 è stata confermata la presenza di metalli pesanti (dall’acclarato nesso causale con lo sviluppo di tumori) nei malati di tumore residenti a Giugliano, Qualiano, Castel Volturno e nel quartiere Pianura di Napoli (zone simbolo della Terra dei Fuochi), in quantità superiori che nei soggetti sani e “del tutto fuori norma“.

In tutti questi anni insomma, tra fondi europei, contributi di Stato e stanziamenti regionali, la Campania ha avuto a disposizione oltre un miliardo di euro per ripulire le zone inquinate dagli sversamenti di rifiuti, soprattutto industriali, scarti ammassati di filiere che lavorano spesso in nero: scampoli tessili, materiali da costruzione, chimica tossica.

Per contrastare l’emergenza roghi, nel novembre del 2018, nella Prefettura di Caserta, il Governo firma il Patto per la Terra dei fuochi.

Si tratta, di un piano di azione in più punti:

  • un intervento sanitario con i medici di base
  • pulizie straordinarie coordinate tra il Ministero dell’Ambiente e la Regione (contemporaneamente il ministero è a lavoro per alleggerire la filiera e gli impianti)
  • un controllo straordinario delle fabbriche in nero della zona da cui arriva gran parte dei rifiuti bruciati illegalmente
  • più militari a presidiare i siti

Ma a quasi un anno di distanza dalla firma del patto,  il 12 ottobre 2019, lo stesso Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ammette che il patto non ha funzionato come doveva.

Terra dei Fuochi, perché il Patto d’azione non ha funzionato?

Arriviamo ad oggi.

La gestione commissariale è scaduta lo scorso 17 dicembre e da allora, nessuno si occupa più delle bonifiche, non ancora completate, in Campania.

Il Commissario di Governo, Mario De Biase, nominato per la prima volta nel 2010 con un’ordinanza di Protezione Civile, ha dovuto lasciato il campo.

E mentre tutte le opere sono state interrotte, c’è da capire di chi è la responsabilità.

Come per tutti i Commissari per le bonifiche, la “responsabilità” è stata in capo al governo ministeriale, ma quattro anni fa il ministero fissò la data ultima per il commissariamento al 2019, passando poi le deleghe alla gestione ordinaria della Regione Campania.

Intanto, il 23 gennaio scorso sei imprese sono state sequestrate nel corso di un’operazione interforze per il contrasto dei roghi.

Sequestrati, a Castel Volturno un capannone industriale utilizzato per lo stoccaggio e la lavorazione illecita di rifiuti pericolosi ed un’ area adiacente utilizzata come deposito abusivo di rottami di motori di auto, cavi di rame, radiatori, componenti di elettrodomestici, pneumatici e scarti di plastica.

I rifiuti, erano stoccati accanto a 16 bombole di acetilene.

All’interno del capannone venivano normalmente bruciati rifiuti pericolosi.

Finisce sotto sequestro anche un’autogru-ragno utilizzata per la movimentazione dei rifiuti ed attrezzature impiegate per la lavorazione degli scarti.

Il titolare dell’ impresa, con due dipendenti in nero, è stato denunciato.

Sempre a Castel Volturno è stata sequestrata un’area utilizzata per demolizioni abusive di auto. Vi erano depositati 30 veicoli ed un’ingente quantità di rottami, batterie, parti di ricambio e pneumatici venduti illegalmente.