L’obiettivo è inaugurarlo entro il 2027: ecco le sue caratteristiche principali. Le ragioni di chi è contrario e di chi invece sostiene l’ambizioso progetto della Giunta Gualtieri.
Si chiamerà Parco delle Risorse Circolari il futuro termovalorizzatore di Roma, che sorgerà in zona Santa Palomba e i cui lavori di realizzazione dovrebbero partire, salvo imprevisti, nel marzo 2025. Il progetto definitivo è stato presentato in Campidoglio dal sindaco Roberto Gualtieri, dall’assessora all’Ambiente Sabrina Alfonsi e dall’ad di Acea, Fabrizio Palermo. La municipalizzata dei rifiuti ha realizzato il progetto, approvato dalla commissione di gara, insieme ad altre aziende come Suez, Vianini, Rmb e Kanadeia Inova. Si punta a terminare i lavori e a rendere operativo l’impianto nel 2027.
Le caratteristiche del termovalorizzatore
Come già annunciato in passato da Roberto Gualtieri, il futuro termovalorizzatore potrà trattare almeno 600mila tonnellate di rifiuti all’anno (tutti provenienti da Roma) e, grazie alla combustione, fornirà energia per circa 200mila famiglie. Il progetto prevede una serie di misure che renderanno l’impianto meno impattante per l’ambiente e per il territorio circostante, anche se di certo non bastano a sciogliere i dubbi di cittadini, associazioni e comitati contrari al termovalorizzatore.
Oltre all’impianto in sé, saranno realizzati una serra, una ‘via delle risorse circolari‘ con spazi di educazione e coworking per fare ricerca e didattica, un giardino (‘viridarium’) con torre panoramica visitabile e alta più di 70 metri. Se la preoccupazione maggiore riguarda la salute dei cittadini dei territori circostannti, Gualtieri ha spiegato che “se le polveri, secondo i parametri Ue, devono stare tra i due e i cinque mg/m³, il nostro impianto ne farà solo uno“.
Di fondamentale importanza anche gli impianti accessori del termovalorizzatore: un sistema di teleriscaldamento, un impianto fotovoltaico, un impianto di recupero delle ceneri pesanti e uno per la cattura della CO2. Oltre a produrre elettricità e calore, il futuro termovalorizzatore di Roma sarà in grado di recuperare migliaia di tonnellate di acciaio, alluminio e rame.
Assolutamente rilevante anche quanto annunciato dal sindaco di Roma: non ci saranno colonne di tir lungo la via Ardeatina, ma i rifiuti saranno trasportati su ferrovia. Inoltre, la capacità prevista di bruciare rifiuti nel termovalorizzatore, di 600mila tonnellate all’anno, è inferiore rispetto al fabbisogno effettivo della città di Roma (circa 800mila tonnellate all’anno) proprio nell’ambito di una progettualità volta ad aumentare la raccolta differenziata nei prossimi anni.
Le critiche
La presentazione ufficiale del progetto continua tuttavia a non convincere chi da sempre è fortemente contrario al termovalorizzatore. Dai cittadini ai comitati, passando per i partiti di opposizione, le voci critiche non si fermano nonostante i ricorsi bocciati nei mesi scorsi e l’annuncio dell’inizio dei lavori.
“Una vergogna che si sia scelta proprio la data della giornata internazionale contro l’incenerimento dei rifiuti, è l’ennesima dimostrazione dell’assoluta mancanza di rispetto verso chi fino a sabato scorso ha manifestato contro l’impianto. Ma è anche ridicolo leggere ricostruzioni fantasiose sul risparmio economico, sull’efficientamento energetico, giardini pensili, torre panoramica, utilizzo di acqua riciclata e inquinamento minimo” – tuona Adriano Zuccalà, capogruppo M5S Lazio – “L’inceneritore di Roma sarà il più avanzato al mondo perché, nel frattempo, gli altri impianti saranno tutti spenti. Questo inceneritore, non previsto dal piano rifiuti regionale, non ha nulla a che vedere con la gestione dei rifiuti nella Capitale per il 2025 e quindi con i poteri commissariali conferiti a Gualtieri per il Giubileo. Questo commissariamento non può diventare nel tempo una sorta di regno in cui Gualtieri pensa di poter governare da solo, chiediamo l’intervento della Regione Lazio e del governo per fermare questo progetto scellerato“.
Molto critico anche un esponente di un partito non all’opposizione del Pd, come Ignazio Marino. “Roma sta per tornare indietro di 50 anni, allora non avevamo conoscenze scientifiche sull’emissione di sostanze tossiche a partire dalla CO2, oggi invece sì. Tutti sono consapevoli di dover azzerare le emissioni, nel mondo occidentale solo il Campidoglio, a Roma, è rimasto all’oscuro di dati che non sono politici né ideologici. In pratica, Roma dovrà pagare 60 milioni di euro all’anno per le emissioni dell’inceneritore a partire dal 2028, anno in cui sarà introdotta la nuova tassa” – ha spiegato l’ex sindaco di Roma e oggi europarlamentare di AVS – “Un altro elemento, non politico, né ideologico, e conosciuto dai bambini dalla seconda elementare in poi sono le addizioni. 2028 (anno di inizio attività dell’inceneritore di Roma) sommato a 33 (anni di durata contrattuale con il privato) fa 2061. Cioè 11 anni di più rispetto al 2050, anno indicato per raggiungere le emissioni zero. Forse chi guida il Campidoglio potrebbe pensare che sia un problema di chi sarà sindaco nel 2050, ma questa è la differenza tra chi cerca il consenso oggi e chi invece vuole costruire un mondo migliore. È la differenza tra un politico e uno statista, e penso che Roberto Gualtieri dovrebbe riflettere e confrontarsi con i cittadini e con l’Unione europea, perché ha il curriculum di uno statista e non di un populista“.
Gualtieri: “Inquinerà meno di una via trafficata”
Ad ogni modo, Roberto Gualtieri ha voluto rassicurare anche i più critici. Rispondendo anche direttamente a Ignazio Marino, che sul termovalorizzatore aveva presentato un’interrogazione alla Commissione europea: “Abbiamo rispettato la legge perché abbiamo fatto una gara che consente a tutti di partecipare, ma non c’è un obbligo. La violazione della concorrenza ci sarebbe stata se avessimo fatto un affidamento diretto. Non abbiamo mai previsto che fosse pronto per il Giubileo, c’è una giurisprudenza che ci ha dato ragione“.
“L’inquinamento prodotto da un termovalorizzatore medio è pari a quello di una strada trafficata, il nostro sarà più avanzato. Inquinerà meno di un caminetto a legna o di un cucchiaino di farina. In quest’ultimo ci sono 3.000 mg/m³ di polveri, nell’impianto meno di 5. In pratica, 1/2000 di un cucchiaino di farina” – ha poi aggiunto il sindaco di Roma – “Le emissioni di CO2 saranno 80 volte inferiori a quelle di una discarica, senza il termovalorizzatore saremmo qui a presentare una discarica da un milione di tonnellate che durerebbe solo cinque anni e poi ne andrebbero realizzate altre. Sarebbe una devastazione sociale e ambientale senza precedenti, questo impianto invece è più avanzato di quello di Copenhagen, dove sopra ci siano i bambini“.
Il primo cittadino capitolino ha anche provato a fugare i dubbi di natura economica sul progetto: “L’investimento è di circa un miliardo e la tariffa è di 178,5 euro. Oggi siamo a 220-230, complessivamente siamo intorno a diverse decine di milioni di risparmi l’anno. Il ritardo di Roma nel dotarsi di questo impianto è costato tantissimo in termini ambientali ed economici. L’unico vantaggio, per così dire, dell’essere partiti tardi è che ora il termovalorizzatore sarà tra i più avanzati al mondo“.
Edo Ronchi: “Termovalorizzatore meglio della discarica”
Non tutti, nel mondo ambientalista, sono nettamente contrari al futuro termovalorizzatore di Roma. Edo Ronchi, ad esempio, è decisamente più in sintonia con la linea di Gualtieri. “Non è questione di sì o no, bisogna discutere sul come lo si fa, le dimensioni, come viene gestito e ragionare in termini di gerarchia, di gestione circolare dei rifiuti che prevede al primo posto la prevenzione per produrne il meno possibile, poi la massima riciclabilità. Per la parte residuale resta l’alternativa: termovalorizzatore o discarica” – ha spiegato l’ex ministro dell’Ambiente e oggi presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – “Se fatta con le migliori tecnologie disponibili, la termovalorizzazione rimane meno impattante della discarica e consente anche di recuperare un po’ di energia. L’area metropolitana di Roma produce circa 2,3 milioni di tonnellate di rifiuti. Con la gestione attuale, quindi intorno al 45% di differenziata e successivo residuo negli impianti Tmb, c’è una parte consistente che va sia in discarica che negli inceneritori fuori dalla provincia. E le discariche del Lazio si stanno esaurendo“.