Temu, l’e-commerce cinese di cui non avevamo assolutamente bisogno

Per quale motivo i consumatori non dovrebbero utilizzare per i loro acquisti siti come Temu? Lo abbiamo chiesto alla giornalista Silvia Gambi, founder di Solo Moda Sostenibile.

Temu, l’e-commerce cinese a prezzi stracciati approdato in Italia nella primavera del 2023, possiamo dire che è l’app di cui non avevamo assolutamente bisogno. Si tratta di una versione potenziata di Shein, brand ormai noto di fast fashion.

Inoltre, l’app è stata anche accusata di essere un malware, o meglio, uno spyware in grado di leggere tutti i dati dello smartphone.

Ma per quale motivo i consumatori non dovrebbero utilizzare per i loro acquisti siti come Temu? Lo abbiamo chiesto alla giornalista e fondatrice di Solo Moda Sostenibile, Silvia Gambi.

“I consumatori devono imparare a farsi delle domande. Quando una cosa costa troppo poco forse c’è un motivo. La caratteristica di Temu è che offre, inoltre, un sacco di cose di cui non si ha veramente bisogno, facendo leva sull’acquisto impulsivo. – spiega a TeleAmbiente Silvia GambiIl consumatore si giustifica parlando di crisi economica, necessità di spendere meno. Ma credo ci sia l’esigenza, intanto, di spendere in cose che siano davvero necessarie. Si tratta di modelli di business dove non c’è un negozio fisico, ma solo online, e questo spiega perchè il marketing è così aggressivo e si cerca di indagare e di raccogliere più informazioni possibili sul comportamento del consumatore”.

Il test di Altroconsumo: quanto è affidabile Temu?

L’applicazione gratuita più scaricata degli ultimi tempi è finita al centro delle polemiche dopo un’analisi fatta dall’organizzazione di consumatori Altroconsumo su 28 prodotti acquistati tra giocattoli, gadget, caschi e cosmetici, nei quali sono stati riscontrati una o più non conformità rispetto alle norme vigenti. Questo non ci stupisce affatto. Ma chi c’è dietro la produzione di questi prodotti, vere e proprie calamite per i consumatori?

“Quando acquisto qualcosa che costa così poco, a volte si parla di prezzi anche ridicoli, è evidente che mi devo domandare chi l’ha fatto, se sono rispettati i diritti dei lavoratori dai quali li compro. Si tratta di capi che vengono da lontano, dal prezzo basso, ma anche dalla scarsa qualità.  – ci spiega la giornalista Silvia Gambi – Negli Stati Uniti, ad esempio, c’è già una protesta in corso. Questi capi, che entrano in Europa con l’e-commerce e a piccoli lotti, non sono sottoposti ai controlli doganali dei container. Questo consente di far entrare nel nostro mercato tanti materiali non confermi alla nostra normativa e, in alcuni casi, anche pericolosi”.