“Mi ha commosso il coraggio di tutti i cittadini di Taranto e l’amore per la Terra, mi ha fatto pensare che un futuro diverso è possibile”, Victor Cruz regista del docufilm Taranto.
Taranto, la città dei due mari, la città che si trova da anni ormai di fronte ad una scelta: quella tra il diritto al lavoro e il diritto alla salute, come racconta il registra argentino Victor Cruz nel suo documentario “Taranto”.
“Nel 2016 mentre giravo un altro documentario in Italia, ho sentito la storia di Taranto, dell’ex Ilva, della contaminazione, della malattia, della morte che questa acciaieria provocava. – racconta a TeleAmbiente il regista argentino Victor Cruz – Questo mi ha commosso. L’incontro tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro è un falso dilemma, non dovremmo mai accettare la malattia e la morte come un prezzo da pagare“.
Il docufilm di Victor Cruz “Taranto” è stato presentato al festival cinematografico torinese Job Film Days al quale erano presenti Massimo Castellana, Rappresentante Legale del Comitato cittadino per la Salute e l’Ambiente a Taranto e portavoce dell’Associazione Genitori tarantini, e Cinzia Zaninelli, presidente Associazione Genitori tarantini.
“La gente presente è rimasta molto colpita da quello che ha visto attraverso lo schermo, un lavoro davvero bello quello di Victor Cruz soprattutto perché vero. – afferma Massimo Castellana a TeleAmbiente – Finalmente al cinema si può vedere quella che è la realtà tarantina. Naturalmente Victor ha girato queste scene tempo fa, e da quando lui è stato a Taranto ad oggi sono successe tante cose che hanno da una parte aggravato la situazione ambientale e dall’altra alimentato qualche speranza in più per quanto ci riguarda grazie al lavoro delle associazioni, tra queste anche quello dell’Associazione Genitori tarantini di cui sono portavoce”. E aggiunge: “I giornali oggi non fanno circolare queste informazioni su Taranto in Italia”.
“Se uno stato democratico permette che in cambio della produzione dell’acciaio possano ammalarsi dei bambini, qualche domanda ce la dobbiamo cominciare a porre. – racconta Cinzia Zaninelli a TeleAmbiente – Quell’acciaieria è da 60 anni sul territorio, non c’è stato alcun ammodernamento. In città come Firenze e Torino ci chiedono: ma non era tutto apposto? Noi sapevamo questo. Il lavoro di Victor Cruz ha aiutato a far capire cosa accade realmente a Taranto. Il regista, infatti, ha potuto vedere anche con i suoi occhi quel rosso sulle tombe dei nostri cari“.
Alessandro Marescotti dell’Associazione PeaceLink – tra le testimonianze presenti insieme a Massimo Castellana nel documentario di Cruz – spiega a TeleAmbiente: “Da questo documentario emerge la triste storia del quartiere Tamburi. Era nato come il quartiere più bello di Taranto nel cuore della campagna. Ma proprio qui vicino poi è nata quella che sarebbe stata l’acciaieria più grande del mondo. Si vive quotidianamente in questo quartiere la difficile scelta tra rimanere o tentare di andar via. Nessuno vuole comprare più le case, vendute a prezzi non di mercato, e molti dicono che vivono in trappola in questo quartiere. Sanno che vanno incontro ad un rischio di vita inaccettabile ma si continua a vivere lì, in questa situazione“.
Le richieste delle associazioni presenti sul territorio
Al nome delle associazioni PeaceLink, Genitori tarantini e Comitato cittadino per la Salute e l’Ambiente, e di tutte le altre presenti sul territorio, la richiesta è la chiusura dell’area a caldo dell’ex Ilva, chiamata un tempo l’area ghisa, la parte più inquinante di quella fabbrica.
Ma grazie al lavoro delle associazioni passi in avanti sono stati fatti, come spiega Massimo Castellana.
“Abbiamo intrapreso una strada mai intrapresa prima nella storia della Repubblica italiana. Abbiamo avviato, grazie a due avvocati, un’azione per fermare la produzione a caldo delle Acciaierie d’Italia, un’inibitoria che abbiamo discusso al tribunale di Milano il 17 marzo scorso. I nostri avvocati si sono confrontati con i 13 legali presentati da Acciaierie d’Italia e Ilva in amministrazione straordinaria, e abbiamo avuto finalmente la risposta dal collegio giudicante a settembre. Una risposta positiva in quanto in un’ordinanza rigettava tutte le eccezioni pregiudiziali delle controparti e nella seconda si rivolgeva al tribunale di Milano alla Corte di Giustizia Europea, un livello d’istituzione mai raggiunto dai tarantini, ponendo 3 chiare domande ma che di per sé hanno già una risposta”.
E conclude: “Adesso attendiamo le risposte del tribunale di giustizia dell’Ue. Qualora ci desse ragione, ritengo che non ci siano più motivazioni per continuare a produrre acciaio a discapito della salute dei tarantini“.