Spazio. Secondo le stime rese note da Diego Loyola dell’Agenzia Spaziale Tedesca Dlr, il buco dell’ozono da record che si è aperto sull’artico lo scorso marzo, dovrebbe chiudersi a metà aprile. Ma intanto, gli scienziati del German Aerospace Center (DLR) che monitorano i dati del satellite Copernicus Sentinel-5P hanno notato una forte riduzione delle concentrazioni di ozono in corrispondenza dell’Artico.
Il satellite Sentinel-5P, del programma Copernicus gestito dalla Commissione Europea e dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa) infatti, sta monitorando i livelli quotidiani di ozono sull’Artico.
Stando a quanto riportato in un articolo pubblicato sul sito dell’Agenzia spaziale europea, le condizioni atmosferiche insolite, come le temperature di congelamento nella stratosfera, avrebbero fatto precipitare i livelli di ozono, provocando un piccolo buco nello strato atmosferico.
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Le immagini di Sentinel-5P, basate sullo strumento Tropomi e analizzate dagli esperti della Drl hanno permesso di controllare la progressione sull’Artico dal 9 marzo all’1 aprile 2020 di questa falla nello strato di ozono che ci protegge dai raggi ultravioletti e di realizzare un’animazione che ne mostra l’estensione, pari ormai a tre volte la Groenlandia.
“L’ozono è un gas naturale e protettivo che si trova nella stratosfera e protegge la vita sul pianeta dalle radiazioni ultraviolette del Sole – spiega Diego Loyola, del Centro aerospaziale tedesco – l ben noto ‘buco nell’ozono’ si forma ogni anno durante l’autunno in corrispondenza dell’Antartide”.
“Sono stati già individuati in passato dei piccoli buchi nel Polo Nord, ma quest’anno la riduzione è molto più sostanziosa rispetto al solito – prosegue il ricercatore – con il suo milione di chilometri quadrati, il buco in Artico è comunque molto ridotto rispetto alla voragine del Polo Sud, che si estende per circa 20-25 milioni di chilometri quadrati con una durata media di 3-4 mesi”.
“Sebbene in entrambi i poli si verifichino perdite di ozono durante l’inverno, l’esaurimento in Artico è significativamente inferiore rispetto a quanto avviene in Antartide. I forti venti che fluiscono intorno al Polo Nord hanno intrappolato l’aria fredda nel cosiddetto ‘vortice polare’ e alla fine dell’inverno polare, la luce in Artico ha provocato una deplezione di ozono insolitamente forte, causando un assottigliamento dello strato del gas” – aggiunge ancora Loyola, specificando però che gli esperti si aspettano che il buco si chiuda a metà aprile 2020.
Lo strato di ozono si estende nella stratosfera, all’incirca tra 10 e 50 chilometri.
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Per tutelarlo, nel 1987 è stato firmato il Protocollo di Montreal per ridurre progressivamente l’uso dei gas che distruggono l’ozono, i cosiddetti clorofluorocarburi (Cfc).
Ci vorranno decenni prima che questi gas scompaiano del tutto dall’atmosfera, ma grazie al protocollo di Montreal, in Antartide il buco nell’ozono, che si forma ogni anno in autunno, è ai minimi storici.
“I dati raccolti da Tropomi ci permettono di monitorare i livelli di ozono dallo spazio – commenta Claus Zehner, responsabile della missione Esa Copernicus Sentinel 5P – secondo la valutazione scientifica delle informazioni 2018 relative ai rapporti della missione, lo strato dell’ozono si sta riprendendo con un tasso variabile dall’1 al 3 per cento per decennio dal 2000”.
“Se questo andamento si rivelasse stabile, l’ozono potrebbe ripristinarsi nell’emisfero nord per il 2030, nell’emisfero australe per il 2050, mentre nelle regioni polari bisognerà attendere il 2060″ – aggiunge Zehner, sottolineando l’importanza delle misurazioni dello strumento Tropomi e del satellite Copernicus Sentinel-5P, che forniscono indicazioni riguardo la qualità dell’aria, le radiazioni solari e il monitoraggio del clima.