Sostenibilità, rinnovabili, cambiamenti climatici, buco dell’ozono – Tg Ambiente

Tabella dei Contenuti

In questo numero del Tg Ambiente, realizzato in collaborazione con Italpress: 1) La Commissione Europea semplifica le norme sulla sostenibilità; 2) Rinnovabili, nuovi finanziamenti per le regioni; 3) Cambiamenti climatici, a rischio 1 coltura su 3; 4) Il buco dell’ozono si sta rimarginando

 

In questo numero del Tg Ambiente, realizzato in collaborazione con Italpress:

1) La Commissione Europea semplifica le norme sulla sostenibilità: La Commissione europea ha varato un nuovo pacchetto di proposte per semplificare le norme dell’Unione, aumentare la competitività e sbloccare ulteriori capacità di investimento. L’obiettivo è creare un contesto più favorevole per aiutare le aziende a crescere, innovare e creare posti di lavoro di qualità. Le proposte puntano a una riduzione negli anni di mandato della Commissione di almeno il 25% degli oneri amministrativi, una percentuale che sale al 35% per le piccole e medie imprese. La semplificazione riguarda diversi ambiti, tra cui la rendicontazione sulla finanza sostenibile, il meccanismo di adeguamento del carbonio e i programmi di investimento europei. Le proposte ridurranno la complessità dei requisiti richiesti alle piccole e medie imprese, mentre il quadro normativo comunitario si concentrerà sulle aziende più grandi che hanno un impatto maggiore sul clima e sull’ambiente. La Commissione stima che le proposte porteranno un risparmio totale sui costi amministrativi annuali di circa 6,3 miliardi di euro e mobiliteranno una capacità aggiuntiva di investimenti pubblici e privati di 50 miliardi.

2) Rinnovabili, nuovi finanziamenti per le regioni: Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha dato il via libera al finanziamento di 38 milioni di euro per tutte le regioni italiane da destinare a progetti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Com’è chiarito nel provvedimento, questi interventi posso essere anche inseriti in configurazioni di autoconsumo collettivo o comunità energetiche rinnovabili.

3) Cambiamenti climatici, a rischio 1 coltura su 3: Il riscaldamento globale ridurrà drasticamente la quantità di terreni agricoli disponibili per le colture di base, ovvero riso, mais, grano, patate e soia, che rappresentano oltre due terzi dell’apporto energetico alimentare mondiale. A rivelarlo è uno studio pubblicato su Nature Food, condotto da un gruppo internazionale di ricercatori, coordinati dall’università di Aalto. I ricercatori hanno studiato come i futuri cambiamenti di temperatura, precipitazioni e aridità influenzeranno le condizioni di crescita di 30 principali specie di colture alimentari in tutto il mondo. Secondo lo studio, le regioni a bassa latitudine affrontano conseguenze significativamente peggiori rispetto alle latitudini medie o alte. A seconda del livello di riscaldamento, fino a metà della produzione agricola nelle aree a bassa latitudine sarebbe a rischio, poiché le condizioni climatiche diventerebbero inadatte alla produzione. Allo stesso tempo, quelle regioni vedrebbero anche un forte calo della diversità delle colture. “In molte aree a bassa latitudine, specialmente in Africa, le rese sono piccole rispetto ad aree simili altrove nel mondo. Potrebbero ottenere rese maggiori con l’accesso a fertilizzanti e irrigazione, oltre a ridurre le perdite alimentari attraverso la catena di produzione e stoccaggio. Tuttavia – ha spiegato l’autore senior dello studio, il professor Kummu il riscaldamento globale in corso aggiungerà molta incertezza a queste stime e probabilmente saranno necessarie ancora più azioni, come la selezione delle colture e la nuova selezione”. Al contrario, le aree a media e alta latitudine probabilmente manterranno la loro terra produttiva, ma potrebbero cambiare le zone per colture specifiche. È probabile che queste aree vedano anche un aumento della diversità delle colture. “Se vogliamo proteggere il nostro sistema alimentare in futuro, dobbiamo sia mitigare il cambiamento climatico sia adattarci ai suoi effetti – hanno spiegato i ricercatori – anche se i cambiamenti più grandi si verificano nelle regioni equatoriali, ne risentiremo tutti gli effetti attraverso il sistema alimentare globalizzato. Dobbiamo agire insieme per affrontare questi problemi”. Per far fronte a questi cambiamenti sarà quindi necessaria la capacità di adeguarsi e adattarsi man mano che si sviluppano le conseguenze del cambiamento climatico.

4) Il buco dell’ozono si sta rimarginando: Un nuovo studio dell’Istituto di Tecnologia del Massachusetts, pubblicato sulla rivista Nature, dimostra che lo strato di ozono antartico si sta rimarginando, come risultato diretto degli sforzi globali volti a ridurre le sostanze che impoveriscono l’ozono. Gli scienziati, hanno osservato segnali di ripresa anche in passato, ma il nuovo studio è il primo a dimostrare, con elevata confidenza statistica, che questa ripresa è dovuta principalmente alla riduzione delle sostanze che impoveriscono l’ozono, rispetto ad altre influenze come la variabilità meteorologica naturale o l’aumento delle emissioni di gas serra nella stratosfera. Nel nuovo studio, il team di ricercatori ha adottato un approccio quantitativo per identificare la causa del recupero dell’ozono antartico, prendendo in prestito un metodo dalla comunità del cambiamento climatico, noto come “fingerprinting“. Lo studio ha applicato il metodo dell’impronta digitale per identificare l’effetto delle riduzioni umane di sostanze che danneggiano l’ozono sul ripristino del buco dell’ozono. I ricercatori hanno prima creato delle simulazioni dell’atmosfera terrestre, generando più “mondi paralleli”, o simulazioni della stessa atmosfera globale, in diverse condizioni iniziali, poi hanno confrontato queste simulazioni per osservare come l’ozono nella stratosfera antartica cambiasse, sia con la stagione, sia a diverse altitudini, in risposta a diverse condizioni iniziali. Il team ha poi cercato questa impronta digitale nelle osservazioni satellitari effettive del buco dell’ozono antartico dal 2005 a oggi, scoprendo che nel tempo l’impronta digitale che avevano identificato nelle simulazioni è diventata sempre più chiara nelle osservazioni. Nel 2018, l’impronta digitale era al suo massimo e il team ha potuto affermare con il 95% di sicurezza che il recupero dell’ozono era dovuto principalmente alle riduzioni delle sostanze che lo impoveriscono. Se questa tendenza dovesse proseguire e l’impronta del recupero dell’ozono diventasse più forte, secondo i ricercatori, presto lo strato di ozono rimarrà completamente intatto. Ed il buco dell’ozono rimarrà chiuso per sempre.

Pubblicità
Articoli Correlati