Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha proposto un piano nazionale per limitare l’utilizzo dei social media da parte dei più piccoli, ma non tutti sono d’accordo
Martedì scorso Anthony Albanese, il primo ministro laburista dell’Australia, ha annunciato un piano per introdurre una legge in parlamento, entro la fine del 2024, per impedire ai bambini di accedere ai social media e ad altre piattaforme digitali, a meno che non abbiano superato una certa età, probabilmente tra i 14 e i 16 anni.
L’annuncio del primo ministro su Instagram
Albanese ha rilasciato un video su Instagram in cui, rivolgendosi a tutti i padri e tutte le madri, ha annunciato la volontà di introdurre questa legge perché, ha dichiarato “vorrei che i nostri figli trascorressero meno tempo davanti agli schermi e più tempo sui campi da calcio o da netball. Vorrei che avessero esperienze reali con persone reali”. L’obiettivo è dunque quello di proteggere la salute fisica e mentale dei minori australiani.
Quali limitazioni prevedono i social media al momento
La maggior parte delle piattaforme, tra cui TikTok, Instagram, ma anche Twitch, già impone ai bambini un limite minimo di età per potersi iscrivere, che solitamente si aggira sui 13 anni. Inoltre i social propongono anche delle strategie, come il parental control o l’associazione degli account, per permettere ai genitori di tenere sotto controllo l’attività dei figli sui social media. Quest’ultima opzione è stata da poco attuata anche da Youtube. Va anche detto, però, che è abbastanza facile aggirare queste limitazioni, con i più piccoli che si ritrovano a navigare sui social senza problemi e, soprattutto, senza controllo.
Il rapporto dell’ex giudice dell’Alta Corte
Questa proposta del primo ministro si lega a un rapporto di quadi trecento pagine pubblicato dall’ex giudice dell’Alta Corte Robert French, in cui si propone di negare l’accesso ai social media per gli under 14 e, in generale, di richiedere il consenso dei genitori per l’accesso dei minori sulle piattaforme. In questo modo si contrasterebbe la crescente diffusione di pornografia online, episodi di cyberbullismo, deepfake e fake news.
Non tutti sono d’accordo con questa proposta
Secondo alcuni esperti, impedire tout court l’accesso ai social potrebbe non essere la soluzione migliore. Innanzitutto perché il divieto potrebbe spingere i minori ad accedere ai social di nascosto, con un maggiore rischio di incappare in contenuti pericolosi e diseducativi. A questo si aggiunge che alcune comunità più marginalizzate utilizzano le piattaforme per entrare in contatto con le persone e privarli di questa possibilità potrebbe essere addirittura più dannoso.
I rischi per la privacy di minori e non
Un altro aspetto dibattuto riguarda la tutela della privacy dei minori e non solo: se il governo australiano adottasse un metodo in base al quale le aziende richiedessero a tutti gli utenti di verificare la propria età prima di poter utilizzare una piattaforma, ciò potrebbe costringere le aziende di social media a raccogliere i dati identificativi degli utenti.
L’intervento della Alannah & Madeline Foundation
La Alannah & Madeline Foundation è un ente di beneficenza impegnato a proteggere i bambini dalla violenza e attuare programmi di alfabetizzazione digitale nelle scuole. L’ente era stato citato dal primo ministro per sostenere le sue politiche, tuttavia la direttrice Sarah Davies è intervenuta sul Guardian Australia per chiarire che, pur non essendo contraria all’innalzamento dei limiti di età sui social media, non ritiene che ciò possa fare alcuna differenza. “Non è che aumentare l’età sia una cosa negativa; è solo che è completamente irrilevante per quanto riguarda i fattori e le cause dei rischi e dei danni che i bambini e i giovani affrontano online” ha dichiarato.