La petizione per vietare smartphone e social ai minori di 14 e 16 anni, che ha raccolto 50mila firme, è stata presentata in Senato questa mattina
Smartphone e social media: ogni tecnologia ha il suo giusto tempo. Parte da questo concetto la petizione sulla piattaforma change.org lanciata da Daniele Novara, pedagogista, counselor e direttore del CPPP – Centro PsicoPedagogico e Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta che ha raggiunto le 50mila firme. L’incontro in Senato è stato organizzato e moderato dalla vicepresidente della commissione bicamerale infanzia e adolescenza Simona Malpezzi e le prime firmatarie della proposta di legge “Disposizione per la tutela dei minori nella dimensione digitale” Marianna Madia e Lavinia Mennuni.
Pellai: “L’uso dello smartphone compromette la salute”
Il rimo a prendere la parola è stato il medico e psicoterapeuta Alberto Pellai che ha sottolineato il legame tra un utilizzo eccessivo dello smartphone e la salute di ragazzi e ragazze. In primis problemi legati al sonno e al rischio di obesità, ma anche stabilità emotiva e calo dell’apprendimento. “La generazione degli ultimi 15 anni si è trovata immersa nel digitale in un mondo in cui tutti noi poi abbiamo facilitato la disponibilità del digitale nella vita di bambini e bambine” ha detto Pellai.
Novara: “Uso intelligente e non dipendente della tecnologia”
Nel corso del suo intervento Daniele Novara ha precisato lo scopo della petizione: non un divieto assoluto della tecnologia, né una demonizzazione ma bisogna indicare un’età adeguata. Da qui la proposta di divieto di smartphone per gli under 14 e divieto di iscrizione ai social fino ai 16 anni. Novara si è concertato anche sul ruolo di genitori e insegnanti: “Dobbiamo evitare di attribuire ai genitori un ruolo poliziesco, loro devono educare i figli e lo stesso vale per gli insegnanti. Le norme non possono appartenere ai genitori, devono essere dentro una cornice normativa chiara per poter educare i figli”.
Mennuni: “Nostro dovere intervenire”
A prendere la parola è stata la senatrice Lavinia Mennuni di Fratelli d’Italia, una delle firmatarie di un disegno di legge in materia, che ha ricordato le audizioni svolte in commissione: “Nelle audizioni sul disagio minorile che abbiamo ascoltato emergeva sempre, dai relatori, come vi fosse un elemento legato a questa pervasività dei social. Internet non è a misura di minore, così come noi abbiamo vissuto la stagione dell’inizio della tv e la regolamentazione iniziale che ci fu, abbiamo il dovere come legislatori di agire”.
Madia: “Siamo arrivati tardi e non possiamo perdere tempo”
“Temo che la politica sia arrivata in ritardo ma non possiamo perdere altro tempo quindi penso che sia un bene che ci siamo trovati tutti i partiti insieme” ha sottolineato Marianna Madia nel suo intervento, ricordando che, se sul tema tutte le forze politiche sono concordi, tendono a dividersi sulle soluzioni possibili al problema. Per questo, secondo Madia, “Abbiamo bisogno di un concorso di cose e di tanti tasselli, serve una legge ma devono poi concorrere anche le scuole, i media, le istituzioni formative, le famiglie e i legislatori”.
Calenda: “Fare una campagna pubblicitaria sul tema”
Al convegno sui social e gli smartphone è intervenuto anche Carlo Calenda che ha posto l’attenzione sul tema della privacy e dei dati sensibili con cui le piattaforme avrebbero a che fare in caso di divieti: “I social entrerebbero in possesso di informazioni sensibili di minorenni, per questo noi proponiamo che ci sia un’agenzia terza che scherma l’identità della persona e attribuisce un numero identificativo. Questo meccanismo è l’aspetto più difficile e su cui si stanno scontrando tutti i paesi del mondo. Noi crediamo che questo sia il sistema più efficiente”.
Sironi: “Una bad habit si esclude con una good habit”
Intervenuta anche la senatrice Elena Sironi del Movimento 5 Stelle, firmataria di un’altra proposta di legge che include anche i temi dello sharenting e dei baby influencer. La senatrice ha parlato di divieto ma, cosa più importante della necessità di presentare un’alternativa al divieto: “Una bad habit si esclude con una good habit. Non dobbiamo semplicemente togliere, ma dare un’alternativa come l’arte, lo sport, il contatto con la natura, fare in modo che la nostra struttura societaria abbia questi stimoli”.
A chiudere la mattinata in Senato sono stati l’onorevole Filippo Scerra del Movimento 5 Stelle, autore id una proposta di legge simile alla Camera e Andrea Cangini, segretario generale della Fondazione luigi Einaudi e Direttore dell’Osservatorio Carta, Penna & Digitale.