La siccità non ha effetti solo sull’agricoltura ma anche sulla popolazione italiana, soprattutto nel Mezzogiorno. Questo il dato che emerge dal Bilancio estivo realizzato da Greenpeace Italia insieme all’Osservatorio Siccità CNR-IBE.
In Regioni come la Calabria la temperatura al suolo registrata ha raggiunto i 4 gradi sopra la media estiva, in Puglia i 3,8 gradi in più. Se quest’estate al Nord si verificavano prima una siccità severo-estrema di breve durata e poi piogge copiose, al Sud Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna hanno sofferto una siccità estrema di lungo periodo.
Le Regioni più a rischio sono Sicilia e Calabria con, rispettivamente, il 66% e il 42% delle colture non irrigue colpite dagli effetti della siccità. In Sicilia, in particolare, la produzione di olio rischia di dimezzarsi rispetto al 2023. Secondo le previsioni del Crea nel 2024 la produzione di grano duro potrebbe registrare un calo medio dell’8% rispetto al 2023, con punte del 10-15% nella zona ionica.
Greenpeace richiede soluzioni strutturali
Simona Savini, campagna Agricoltura Greenpeace Italia: “È una situazione che nasce da tendenze meteo-climatiche di lungo e lunghissimo periodo e che richiede soluzioni strutturali. Per questo, tra le nostre proposte al governo, ci sono il progressivo abbandono dei combustibili fossili, principale causa dei cambiamenti climatici all’origine della siccità ma anche delle alluvioni che stanno flagellando alcune regioni del Nord, un piano di ristrutturazione della rete idrica e una transizione in chiave agro-ecologica.“
“Per far fronte a un fenomeno che, ciclicamente e con frequenza sempre maggiore, mette a rischio la produzione agricola, bisogna agire su più fronti“, dichiara Ramona Magno, dell’Osservatorio Siccità CNR-IBE. “Risparmio e Riutilizzo sono due parole chiave, ma anche la scelta di pratiche agricole che aumentino la capacità dei suoli di trattenere umidità e favoriscano la ricarica delle falde, come l’agro-forestazione o la turnazione delle colture. Bisogna inoltre orientare le produzioni verso varietà più resistenti alla siccità e ottimizzare i fabbisogni irrigui”.
Quest’estate la penuria d’acqua ha costretto diversi allevatori siciliani a sopprimere il bestiame, mentre chi ha potuto ha acquistato l’acqua dalle autobotti a proprie spese. Nonostante le promesse, gli invasi rimangono vuoti mentre le associazioni di settore chiedono da mesi che siano messe in funzione le dighe già esistenti e mai collaudate e che siano utilizzati i dissalatori per sfruttare l’acqua di mare.
Altra regione colpita dalla siccità è la Sardegna. Giambattista Monne, Direttore Regionale di Confagricoltura Sardegna, lo scorso luglio ha ribadito a TeleAmbiente la necessità che le politiche agricole siano costruite sulle necessità specifiche di ogni territorio: “La situazione in Sardegna presenta criticità e situazioni di ordinarietà. Il versante tirrenico quindi tutta la costa orientale della Sardegna vive una situazione di estrema criticità, mentre il versante del mar di Sardegna quindi la costa occidentale affronta una stagione ordinaria. Nel versante orientale non piove di fatto dall’autunno dell’anno scorso. In alcuni areali si sta ricorrendo ormai all’abbeveraggio del bestiame perché le falde e i pozzi sono entrati già in sofferenza. In questo momento si è parlato anche di sostegno economico. A nostro modo di vedere, come Confagricoltura, si tratta di garantire le condizioni di sopravvivenza degli allevamenti che non dispongono in azienda della possibilità di abbeveraggio degli animali e di alimentazione con autobotti o garantendo la risorsa acqua