Il Garante della Privacy ha lanciato una nuova campagna di comunicazione dedicata allo sharenting, ossia la condivisione di foto e video dei propri figli sui social media
Una campagna di comunicazione per sensibilizzare sullo sharenting, ossia la pratica, sempre più diffusa tra i genitori, di pubblicare costantemente sui social media foto e video dei propri figli minorenni. “La sua privacy vale più di un like” è questo il titolo della campagna, che consiste in uno spot che va in onda sulle reti radio e tv della Rai e viene diffuso anche attraverso i social media del Garante.
I pericoli dello sharenting
Il termine sharenting deriva dalle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (allevare i figli) ed è un fenomeno che comporta dei i rischi in relazione all’identità digitale del minore e alla corretta formazione della sua personalità. I pericoli principali del condividere foto e video dei propri figli consistono proprio nell’imporre un’immagine pubblica arbitraria decisa esclusivamente dai genitori e questo può far nascere tensioni nel rapporto genitori-figli. Inoltre c’è il rischio che le immagini finiscano su siti pedopornografici.
Lo spot lanciato dal Garante
Nello spot il protagonista è l’attore Luca Angeletti che, nelle vesti di un professore, mette in guardia una classe composta da genitori sui rischi del condividere immagini e video dei figli, ricordando come i contenuti postati online non possano più essere cancellati definitivamente.
Prosegue la campagna sullo #sharenting. Il #GarantePrivacy invita i genitori a riflettere e a essere più consapevoli della protezione dei dati personali prima di postare l’ennesima foto del proprio figlio minorenne https://t.co/pI6uFGUVmz pic.twitter.com/UbTbgQ99OV
— Garante Privacy (@GPDP_IT) January 20, 2025
I diritti dei bambini
Quando si parla di sharenting, oltre ai pericoli della rete bisogna anche parlare dei diritti dei minori. “Il rispetto di mio figlio che ha il diritto di scegliere è molto importante. Quando il bambino non ha questo diritto codificato è chiaro che la sensibilità del genitore deve essere quella di non esporre il figlio a rischi che sono molto pesanti” ha dichiarato la professoressa Clara Sardella, vicepresidente ANPE Associazione Nazionale Pedagogisti Italiani Lazio-Abruzzo e Marche, ospite di CrescimiTu su TeleAmbiente.
Cosa dice la legge sullo sharenting?
Ma esistono, in Italia, delle norme sulla pratica dello sharenting o siamo di fronte a un vuoto normativo? Ha rispondere è stato l’avvocato Alfredo Cirillo, presidente dell’Associazione La famiglia nel diritto e nella società, durante una puntata di CrescimiTu: “Dal punto di vista giuridico i genitori hanno la prerogativa di amministrare la sfera giuridica del figlio e dunque anche la sua immagine. Quello che è richiesto è il consenso di entrambi i genitori, in caso di dissenso o senza il consenso di un genitore non si possono diffondere immagini”. L’avvocato Cirillo ha poi sottolineato che bisogna riflettere molto sull’opportunità o meno di pubblicare foto o video dei figli, valutando l’interesse del minore stesso.
L’intervista completa con l’avvocato Alfredo Cirillo
Uno studio sullo sharenting nel Regno Unito
Uno studio pubblicato sulla rivista Plos One ha esaminato la misura in cui le influencer britanniche più popolari violano la privacy dei propri figli pubblicandone online le immagini. L’analisi ha riguardato 5.253 post di Instagram di dieci influencer con sede nel Regno Unito, integrata da dati auto-riportati dalle influencer stesse. I bambini apparivano in oltre il 75% dei post (3.917), sebbene la percentuale di post contenenti contenuti imbarazzanti, intimi o rivelatori fosse relativamente bassa (11,5%). In particolare, sponsorizzazioni e pubblicità di prodotti erano presenti nel 46,4% dei post con bambini, il che indica che le immagini di bambini sono spesso utilizzate per ottenere un guadagno economico.
Il paradosso della privacy
Lo studio inglese ha evidenziato come ci sia un paradosso della privacy nella pratica dello sharenting. Infatti molte mamme influencer dimostrano indifferenza o consapevole disponibilità verso lo sharenting. Da qui il paradosso per cui le preoccupazioni dichiarate sulla privacy sulle piattaforme social non rispecchiano poi il comportamento online degli utenti.