Uno studio condotto per 16 anni mostra come il livello degli oceani sia salito di 14 millimetri. “Quel che osserviamo nei ghiacci, con un dettaglio senza precedenti, ha a che fare con i cambiamenti a lungo termine nel clima”, Benjamin Smith, coordinatore ricerca.
Secondo uno studio firmato dal gruppo dell’Università di Washington, basato sui dati dei satelliti della Nasa ICESat e ICESat-2, lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia e in Antartide abbia innalzato il livello degli oceani dal 2003 al 2019. Questo studio è stato condotto per 16 anni ed è stato pubblicato sulla rivista Science.
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La mappa, realizzata grazie a tecnologie laser, indica che in media la quantità di ghiaccio perduta nelle due aree è rispettivamente di 200 e 118 miliardi di tonnellate l’anno. Un miliardo di tonnellate di ghiaccio, precisano gli esperti, equivale all’incirca a 400.000 piscine olimpioniche. Secondo la NASA, la quantità di ghiaccio perso potrebbe coprire il Central Park di New York con ghiaccio spesso oltre 1.000 piedi, raggiungendo più in alto del Chrysler Building.
“Quel che osserviamo nei ghiacci, con un dettaglio senza precedenti, ha a che fare con i cambiamenti a lungo termine nel clima. – ha spiegato Benjamin Smith, coordinatore del gruppo di ricerca. – Ora abbiamo un divario di 16 anni tra ICESat e ICESat-2 e possiamo essere molto più fiduciosi che i cambiamenti che stiamo vedendo sul ghiaccio hanno a che fare con cambiamenti a lungo termine nel clima”.
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In questo periodo sono state toccate misure record delle temperature al Polo Nord, riscaldato da un flusso di aria bollente proveniente dall’Asia: la temperatura nel Polo Nord ha toccato anche i 20 gradi in più rispetto alle medie climatiche di riferimento per il Circolo polare Artico, con la conseguente maggiore fusione dei ghiacci, secondo le mappe del Centro meteo americano Gfs (Global forecast system).
Alex Gardner, un glaciologo del Jet Propulsion Laboratory della NASA nella California meridionale e coautore dell’articolo Science, ha dichiarato alla NASA che la nuova analisi rivela la risposta delle calotte glaciali ai cambiamenti del clima in grande dettaglio, rivelando indizi sul perché e sul modo in cui le calotte polari stanno reagendo così come sono.
Lo studio della NASA ha anche esaminato le masse di ghiaccio galleggianti all’estremità a valle dei ghiacciai scoprendo che tali piattaforme di ghiaccio stanno perdendo massa in Antartide occidentale, dove si trovano anche molti dei ghiacciai più veloci del continente
Sempre sulla rivista Science, è stata pubblicato un altro studio condotta dalle Università di Manchester, Durham e Brema, insieme al Centro oceanografico britannico (Noc) e all’Istituto francese di ricerca per lo sfruttamento del mare (Ifremer), riguarda i nostri mari. Un’altra testimonianza dell’effetto delle attività umana sull’ecosistema marino.
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Lo studio mostra che nei fondali del Tirreno, tra Toscana, Lazio, Sardegna e Corsica, è presente la più alta concentrazione di micro plastiche mai misurata nei mari. Le analisi dei campioni delle acque del Tirreno, incrociate con le mappe dei suoi fondali e con i modelli delle correnti marine profonde, hanno permesso di capire che le micro plastiche non sono distribuite in maniera uniforme ma si depositano in aree specifiche, che rappresentano per i fondali quello che le “isole di spazzatura” sono per le acque più superficiali. Ad alimentare questi spostamenti sono le correnti marine profonde che portano ossigeno e nutrienti.