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La Russia sta bruciando il gas naturale che non può vendere ai Paesi europei

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Secondo un’emittente televisiva finlandese, Mosca sta bruciando il combustibile che non può vendere all’Europa a causa delle sanzioni (con ingenti danni all’ambiente)

La Russia starebbe bruciando il gas naturale che non può vendere all’Europa a causa delle sanzioni dell’Ue e altri Paesi del Vecchio Continente nei confronti del Cremlino.

A dirlo è l’emittente televisiva finlandese Yle che ha mostrato le immagini delle colonne di fumo che si vedono oltre confine.

Proverrebbero, secondo quanto spiegato da diversi esperti intervistati dai giornalisti di Yle, dalla stazione di Portovaya, di proprietà del colosso russo Gazprom.

Gli incendi di gas naturale da parte della Russia andrebbero avanti da metà giugno. Le fiamme sono state rilevate dal sistema di monitoraggio degli incendi della NASA ogni giorno dal 17 giugno ad oggi.

Olga Väisänen, direttrice delle comunicazioni della società energetica finlandese Gasum ha spiegato alla tv finlandese che nelle stazioni come quella di Portovaya è possibile bruciare gas anche per ragioni tecniche. Come ad esempio nel caso in cui – per aggirare un malfunzionamento – è necessario mantenere costante la pressione nel serbatoio del gas.

Ma tutto fa pensare che le combustioni di gas siano legate non a problemi tecnici di Gazprom quanto all’impossibilità di vendere il gas naturale sul mercato e in particolare proprio alla Finlandia.

Questo è dovuto al fatto che il Paese scandinavo si è rifiutato di pagare il gas in rubli come richiesto da Putin all’inizio della guerra in Ucraina e della crisi con l’Europa.

Mosca brucia gas in eccesso, un dramma per l’ambiente

La decisione di Mosca bruciare il gas in eccesso che è impossibile vendere ai Paesi europei può avere senso da un punto di vista geopolitico ed economico ma è una decisione scellerata da un punto di vista ambientale.

Il flaring, cioè la combustione controllata di gas come quella che Gazprom sta portando avanti al confine con la Finlandia, è un processo estremamente inquinante.

Esso, infatti, produce il cosiddetto black carbon, cioè una polvere di fuliggine che entra nell’atmosfera e vi resta per diverso tempo spostandosi nello spazio.

Questa fuliggine, quando si posa su neve e ghiaccio, provoca una velocizzazione del fenomeno di scioglimento. Quando questo avviene nelle regioni settentrionali del globo, le ripercussioni si sentono anche sui ghiacciai il cui scioglimento rappresenta una delle conseguenze e – in un circolo vizioso – della cause dell’inasprimento dei cambiamenti climatici.