Nella lotta tra India e Pakistan che, oltre ai confini territoriali, si contendono anche la paternità del riso basmati IGP, si inseriscono i produttori italiani per scongiurare che anche solo uno dei due Paesi ottenga il riconoscimento.
Prima l’India, nel 2022, poi il Pakistan, nel 2023, hanno presentato richiesta ufficiale all’Unione europea per il conferimento del marchio IGP al loro riso basmati.
Coldiretti e Filiera Italia esprimono “profonda contrarietà al riconoscimento dell’IGP Basmati proposto dal Pakistan” e chiedono di opporsi alla richiesta in una lettera indirizzata al ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida.
Secondo le due associazioni italiane un eventuale riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta permetterebbe a tale riso di essere importato in Italia con “l’esenzione dai dazi del riso importato, con conseguenti ripercussioni sul mercato italiano e gravi conseguenze per la filiera risicola nazionale.”
I timori rappresentati nella missiva riguardano la salute, poiché non verrebbe rispettato il principio di reciprocità in quanto il Pakistan (così come l’India) non rispetta vincoli di sostenibilità né sociale né ambientale alle proprie coltivazioni, nel Paese viene impiegato lavoro minorile e, sostengono Coldiretti e Filiera Italia, vengono utilizzati fitofarmaci tra cui il triciclazolo, fungicida vietato in Europa e sicuramente utilizzato in India.
Pesanti ripercussioni ci sarebbero anche dal punto di vista economico, mettono in guardia le associazioni. Lo scenario peggiore vedrebbe l’abbandono della coltivazione italiana del riso di tipo indica (lungo B) oggi commercializzato per contorni come sostituto del Basmati che non sarebbe più economicamente competitivo e l’aumento della coltivazione del riso japonica che a sua volta innescherebbe il crollo delle quotazioni di quest’ultimo. In Italia la varietà è coltivata soprattutto nel pavese.
Va ricordato che se oggi l’India è il maggiore Paese esportatore di riso basmati al mondo, il Pakistan ha già adesso una quota maggiore di import nell’Unione. La richiesta del marchio IGP mira proprio ad ampliare la quota di mercato europeo.