I nuovi dati ONU sollevano dubbi sull’efficacia dell’Accordo di Parigi per fermare i cambiamenti climatici. Obiettivi raggiungibili o necessità di prepararsi a un futuro sopra i 2°C?
Ha ancora senso continuare a impegnarsi per provare a mantenere il riscaldamento globale sotto la soglia del grado e mezzo? O i dati pubblicati dall’ONU lo scorso weekend rappresentano la pietra tombale dell’Accordo di Parigi?
È la domanda che si stanno ponendo in molti, tra gli addetti ai lavori, guardando il report sul riscaldamento globale e le emissioni di anidride carbonica che è stato pubblicato nei giorni scorsi.
Una domanda dalla cui risposta può dipendere il modo in cui l’umanità si mobiliterà nei prossimi anni per combattere la crisi climatica. Per inquadrare bene la questione, facciamo un passo indietro.
Gli Accordi di Parigi e l’obiettivo di riscaldamento “bel al di sotto” dei 2°C
Nel 2015 a Parigi si è tenuta la COP21, cioè l’annuale riunione dei rappresentanti di quasi tutti gli stati del mondo che provano a cercare soluzioni alla crisi climatica in corso.
Quell’anno fu firmato l’Accordo di Parigi sul clima, il primo accordo internazionale vincolante che coinvolge quasi tutti i paesi del mondo nella lotta contro il cambiamento climatico.
L’obiettivo principale dell’Accordo è limitare il riscaldamento globale “ben al di sotto” di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, puntando idealmente a 1,5°C.
La scelta di indicare i 2 gradi centigradi di riscaldamento globale come quella da non superare derivava da una consapevolezza portata a quei tavoli dagli scienziati: un aumento di 2°C della temperatura media globale rispetto al periodo preindustriale (prima, cioè, che iniziassimo a pompare CO2 nell’atmosfera) comporterebbe una serie di cambiamenti climatici irreversibili.
In altre parole, se ci teniamo sotto quota +2°C, possiamo in qualche modo ristabilire l’ordine climatico globale. Superata quella soglia non sarà più possibile.
Da qui la scelta dei politici di fissare l’obiettivo mezzo grado sotto la soglia di non ritorno.
Il report delle Nazioni Unite sul riscaldamento globale
Nonostante nel 2015 a Parigi si prese consapevolezza del pericolo e il mondo si impegnò a fare tutto il necessario per tenere la crescita delle temperature mondiali al di sotto della soglia del grado e mezzo, le cose sono andate diversamente.
A dimostrarlo c’è un report pubblicato nel weekend dall’UNEP, il Programma Ambientale delle Nazioni Unite. Da questo report emergono due dati fondamentali: il primo, anche nel 2023 (nonostante le promesse e gli sforzi) le emissioni di gas serra globali sono cresciute e anzi hanno toccato un nuovo record storico: 57,1 GtCO2e, con un aumento dell’1,3% rispetto ai livelli del 2022.
Il secondo dato che emerge è che qualora anche tutti i Paesi del mondo riuscissero a seguire pedissequamente i loro programmi di riduzione delle emissioni al 2030, l’aumento della temperatura media mondiale sarebbe comunque di 2,6°C-2,8 °C.
Ha senso guardare ancora all’obiettivo +1,5°C?
Il report spiega che per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi le attuali promesse dei Paesi del mondo non bastano. Anzi, i Paesi devono impegnarsi, collettivamente, a ridurre del 42% le emissioni annuali di gas serra nei prossimi cinque anni e del 57% entro il 2035 (rispetto ai livelli 2019).
Tagli delle emissioni di CO2 così elevati sembrano impossibili, almeno stando agli attuali programmi di sviluppo di diverse nazioni del mondo.
E allora non ci resta che scegliere quale strada perseguire: continuare a puntare in alto, mantenendo gli impegni presi a Parigi come faro dell’agire dei governi mondiali; oppure arrendersi a quanto sta accadendo e preparare il mondo a un aumento di oltre 2 gradi di temperatura media. Una ipotesi, quest’ultima, che non piace a nessuno perché le conseguenze di un aumento tanto elevato sarebbero disastrose per diverse zone del mondo.
Non solo a causa degli eventi meteo estremi che sarebbero sempre più frequenti e sempre più intensi, ma anche a causa del generale innalzamento delle acque del mare che toccherebbe fino ai 10-20 metri rispetto all’attuale livello.
E dunque, se rispettare gli accordi di Parigi è tecnicamente ancora fattibile, è giusto arrendersi o bisogna fare di tutto per evitare il peggio?
Domande che risuoneranno, tra due settimane, a Baku, la capitale dell’Azerbaigian, dove dall’11 al 22 novembre si terrà la COP29, la 29esima Conferenza delle Nazioni Unite sul clima.