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Rifiuti radioattivi, l’allarme di Isin sul Deposito nazionale

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Nella relazione inviata al Parlamento, si spiega che l’incapacità di fornire garanzie sulla realizzazione comporterà costi sempre più alti per le casse dello Stato. 

Il tema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi, in assenza di un Deposito unico nazionale, continua a tenere banco. Anche perché, tra sei mesi, dovrebbero tornare da Francia e Regno Unito le scorie nucleari che l’Italia aveva stoccato temporaneamente in virtù dell’Accordo intergovernativo di Lucca del 2006. Si tratta di combustibile nucleare esaurito e altri rifiuti radioattivi provenienti soprattutto dalle due centrali nucleari dismesse di Caorso e di Trino Vercellese.

Oltre agli scarti del passato, il Deposito nazionale per i rifiuti radioattivi servirà a stoccare altre scorie di diversa intensità, provenienti dalle attività industriali e sanitarie. Finora, però, l’Italia non è riuscita neanche a individuare un sito in cui costruire il Deposito: l’esperienza delle autocandidature è fallita con la sola proposta, poi ritirata, di Trino Vercellese, e diversi territori inclusi nella Carta nazionale delle aree idonee, anche tramite dichiarazioni e votazioni ufficiali dei rappresentanti politici dei territori, hanno ribadito più volte il loro no ad ospitare l’impianto. Essenziale e necessario anche se l’Italia non fa ricorso al nucleare sin dalla seconda metà degli anni ’80, figurarsi in un periodo storico in cui il nostro Paese ha dichiarato, nero su bianco nel Pniec, di voler tornare a ricorrere all’energia atomica.

Proprio l’incertezza totale sul futuro Deposito nazionale ha irritato, e non poco, la Francia. Che nel 2023 si è rifiutata di trattare a La Hague altre 13 tonnellate di combustibile esaurito, alla luce dell’impossibilità italiana di fornire le garanzie richieste sui tempi di realizzazione del Deposito.

Anche per questo, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), in una relazione inviata al Parlamento la scorsa settimana, ha lanciato l’allarme. “Resta ancora irrisolto il nodo della localizzazione del Deposito nazionale, che costituisce la fase essenziale e indispensabile per la chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti radioattivi, dalla generazione fino allo smaltimento, come prevede anche il Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, approvato con Decreto del Presidente del Consiglio del 30 ottobre 2019 ai sensi del Decreto legislativo n. 45 del 2014 di recepimento della Direttiva 2011/70/Euratom, in corso di aggiornamento” – si legge nel documento – “L’inosservanza dei termini previsti dall’Accordo intergovernativo di Lucca rischia di comportare ulteriori e gravosi oneri a carico dello Stato italiano. Le autorità francesi richiedono la dimostrazione di effettivi progressi sulle procedure per la realizzazione del Deposito nazionale, destinato a ricevere i residui derivanti dalle operazioni di ritrattamento, con prolungamento dei tempi necessari all’allontanamento del combustibile nucleare esaurito dal deposito Avogadro“.