
“Con il bycatch in un anno si verificano circa 52mila eventi di cattura accidentale di tartarughe caretta caretta ed oltre 10mila di questi sono eventi mortali”. Intervista a Massimiliano Falleri, responsabile Divisione sub Marevivo su pesca commerciale e i pericoli per la fauna marina, argomenti tornati all’attenzione del pubblico con l’uscita del documentario Seaspiracy.
L’11 aprile ricorre la “Giornata nazionale del mare” per sensibilizzare soprattutto i più giovani sull’importanza del rispetto e della conoscenza del mare, risorsa di grande valore per il mondo. Dopo l’uscita del documentario su Netflix “Seaspiracy“, diretto e narrato dal regista britannico Ali Tabrizi, si è tornato a far luce sulla pesca commerciale e i pericoli per la fauna marina.
Tra i vari argomenti toccati quello delle reti da pesca, presenti con una percentuale del 46% nell’ammasso dell’immondizia della più grande isola di plastica del Pacifico (Great Pacific Garbage Patch). Si tratta di una percentuale consistente che evidenza il pericolo che esse comportano, anche maggiore di cannucce o bottiglie di cui sentiamo spesso parlare. Nel documentario si evidenzia anche come molte organizzazioni ambientali, che si battono per l’inquinamento della plastica, non parlano in maniera diretta del problema delle reti da pesca.
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Abbiamo approfondito l’argomento con Massimiliano Falleri, responsabile Divisione sub di Marevivo, organizzazione che dal 1985 lavora in prima linea per la tutela del mare e dell’ambiente, contro l’inquinamento e la pesca illegale.
“Dobbiamo cambiare il punto di vista. Se lasciassimo una rete da pesca sulla terra tutti andrebbero subito a rimuoverla, mentre questo in mare non accade. Sono oramai tantissimi anni che andiamo a recuperare le reti fantasma per contrastare questo tipo di inquinamento. – afferma Massimiliano – Dal 2003 con la divisione subacquea abbiamo raccolto oltre 4500 metri di reti abbandonate. Nel 2020, nonostante il lockdown, abbiamo recuperato tra giugno e luglio una rete lunga 70 metri nell’area di Palermo e una di 200 metri nel Circeo. Nel Mediterraneo vengono abbandonati una quantità di attrezzi da pesca pari all’89% circa dei rifiuti“.

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Altro argomento in evidenza in “Seaspiracy“, ma da tempo affrontato da Marevivo, è quello del bycatch, ovvero la cattura accidentale delle specie durante l’attività di pesca, che ogni anno miete vittime tra delfini, tartarughe marine, squali e razze, uccelli e molti altri animali. Le attrezzature da pesca, oltre ad essere molto resistenti, possono coprire anche aree estese e non sono selettive: scegliere cosa catturare e cosa escludere è spesso impossibile.
“Per comprendere l’entità del problema pensiamo solo alle acque italiane: in un anno si verificano circa 52mila eventi di cattura di tartarughe caretta caretta e 10mila di questi sono eventi mortali. – evidenzia Massimiliano – Utilizzando attrezzi da pesca come le spadare, che Marevivo ha combattuto dal 2002 per renderle illegali, si può recare un grande danno. Una pesca così insostenibile va ad eliminare un insieme di forme di vita che fanno parte della catena alimentare, scombinando completamente gli equilibri“.
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Barriera corallina, c’è ancora speranza per la sua sopravvivenza?
La barriera corallina potrebbe scomparire entro il 2100 e come causa principale viene menzionato il cambiamento climatico. Ma anche la pesca può influire sulla salute dei coralli e sulla sopravvivenza della barriera corallina stessa.
“Senza guardare fino al 2100, guardiamo i prossimi anni. – spiega Massimiliano Falleri – Quando andiamo a rimuovere una rete quello che troviamo sotto è un substrato completamente distrutto. Queste azioni di soffocamento fanno sì che il fondale non ha più vita. Nel giro di un anno, in quella parte resa tabula rasa, il coralligeno si riprende il suo spazio e rifiorisce. Ecco perché è importante fare queste opere minuziose di rimozione“.
“La soluzione più logica per eliminare il problema del bycatch è quella di agire su più fronti: è indispensabile regolare l’overfishing attraverso restrizioni più nette, incentivare la creazione di aree marine protette e ridurre il consumo di pesce”, si legge sul sito di Marevivo.
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“Il mare produce il 50% di ossigeno e trattiene il 30% di anidride carbonica. E’ un patrimonio da tutelare e conservare per le future generazioni. Il cambiamento passa sicuramente per politiche più lungimiranti, rispettose e consapevoli del valore del mare per la vita dell’uomo. Marevivo lavora molto a livello istituzionale e fa pressioni sul governo affinché vengano approvate leggi che tutelino il mare. Come il divieto di pesca dal 2020 per le oloturie, animali a rischio estinzione per via di una pesca commerciale sfrenata per l’esportazione verso i paesi orientali. – afferma Massimiliano Fallleri – Molto però può essere fatto anche a livello individuale, cercando di limitare il più possibile il consumo personale di pesce al fine di avere una politica corretta della gestione di questo nostro patrimonio“.