Al via “Plasticentro”, il progetto del Ministero dell’Ambiente per combattere l’inquinamento da plastica nelle acque del centro Italia. Tra gli attori dell’iniziativa ENEA, ARPA Lazio, ARPA Umbria, l’Università Politecnica delle Marche e Legambiente.
Monitorare e contrastare l’inquinamento da plastica e microplastiche nei corsi d’acqua dell’Appennino centrale. È l’obiettivo del progetto “Plasticentro” finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.
Attraverso la partecipazione di ENEA, Arpa Umbria, ARPA Lazio, Università Politecnica delle Marche e Legambiente, il progetto mira anche a potenziare le conoscenze nei territori di riferimento sotto la guida dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino centrale.
Tra gli obiettivi di Plasticentro c’è anche l’individuazione e la raccolta dei rifiuti presenti nei corsi d’acque del centro Italia e sulle sponde dei fiumi prima che raggiungano il mare. Nel corso delle operazioni di pulizia, si svolgerà anche la catalogazione dei rifiuti raccolti, dividendoli per composizione e provenienza.
Plasticentro: monitoraggio e contrasto all’inquinamento da plastica nelle acque dell’Appennino centrale
“È un progetto sperimentale per contrastare l’inquinamento da plastica agendo sia sulle macro che sulle microplastiche. Tre sono le regioni interessate in questo processo, la regione Lazio, la regione Marche e la regione Umbria e due sono i comparti più grandi dell’attività. Il primo guarda più agli aspetti tecnologici, il secondo invece è un asse tutto dedicato alla questione ambientale”, ha raccontato a TeleAmbiente Patrizia Menegoni, responsabile del progetto e ricercatrice del Laboratorio ENEA di Biodiversità ed ecosistemi.
“Queste campagne prevedono due attività di campionamento in contemporanea, la prima con un “retino manta” fissato nell’asta fluviale che ci permette di campionare un quantitativo d’acqua predefinito. E poi un campionamento di fondo attraverso una pompa che ci permette di prelevare proprio in prossimità del fondale.”
L’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), si occuperà anche di preparare e realizzare le campagne di monitoraggio insieme ad ARPA Lazio e ARPA Umbria.
Al progetto collaborano anche numerose istituzioni territoriali, tra cui le Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, Capitaneria di Porto di Roma, Contratto di Fiume Tevere, Foce-Castel Giubileo, Regione, Contratto di Zona umida Gestore Rn Sentina, Egato Ato2, Acea-Ato2.
Come evitare la diffusione di rifiuti in plastica nell’ambiente
Il monitoraggio dell’inquinamento è fondamentale, ma non è l’unico strumento necessario per ridurre la presenza di plastica nell’ambiente. Ci sono altre azioni che si possono compiere per prevenire la dispersione dei rifiuti.
“Limitare il più possibile l’utilizzo di nuovi oggetti per funzioni che possono invece vedere un riuso. Gestire i rifiuti, le microplastiche sono il risultato di una cattiva gestione dei rifiuti. Quindi un miglioramento della gestione dei rifiuti e un miglioramento della raccolta differenziata sicuramente sono di grande aiuto. E poi l’educazione ambientale, ci siamo resi conto che educare al cambiamento è fondamentale. Quando la scienza mette a disposizione dati e informazioni nei processi educativi si può fare un buon lavoro con la collettività. L’ultima, ma sicuramente molto importante, è l’innovazione tecnologica che noi possiamo porre all’interno dei sistemi, come quelli di depurazione, che sono fonti molto importanti di microfibre.”, ha spiegato la dott.ssa Menegoni.
Inquinamento, l’80% dei rifiuti marini è in plastica
Secondo l’ultimo rapporto “Marine Litter Watch” della Rete europea di informazione e osservazione ambientale (Eionet), ogni anno 11 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani, rappresentando l’80% dei rifiuti marini.
Il report, che si basa su studi precedenti, analizza i dati del 2022 nel contesto degli sforzi dell’UE per contrastare l’inquinamento da plastica. Attraverso i contributi di oltre 60 realtà e organizzazioni, è emerso che, nell’ultimo decennio, i rifiuti provenienti dalle spiagge europee erano quasi 1,5 milioni. L’analisi ha rivelato che l’86% degli oggetti registrati è costituito da plastica, e quella monouso rappresenta il 52% dei rifiuti totali. Anche i mozziconi di sigaretta, che costituiscono il 23% del totale, rappresentano un problema significativo. Secondo l’analisi, Il Mar Nero è il più inquinato, seguito dal Mar Mediterraneo e dal Mar Baltico.
L’OCSE, nel report “Scenari politici per eliminare l’inquinamento da plastica entro il 2040”, ha delineato un quadro critico della situazione, chiedendo l’attuazione di politiche più rigorose per gestire l’intero ciclo di vita della plastica, dalla produzione al rifiuto.
Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, tra il 2000 e il 2019 la produzione globale di plastica è aumentata in modo esponenziale, passando da 234 a 460 milioni di tonnellate. Un numero che potrebbe crescere fino a 736 milioni di tonnellate entro il 2040. Il report stima infatti che la domanda resterà elevata e continuerà a crescere nei paesi OCSE ma anche nelle economie emergenti dell’Asia, dell’Africa Subsahariana e dell’America Latina. L’organizzazione internazionale, nel documento, ha anche fornito scenari politici, ambientali ed economici alternativi per ridurre l’inquinamento da plastica.
Una vera e propria emergenza che non si può più ignorare e richiede sforzi maggiori, come un Trattato globale sull’inquinamento da plastica che, però, tarda ad arrivare.