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Rotte della plastica, in che modo questi rifiuti si radunano in enormi isole galleggianti

Plastica. Ogni anno vengono prodotte 396 milioni di tonnellate di plastica, 53 kg per ogni abitante del Pianeta. Purtroppo però, solo il 20% della plastica viene riciclato o incenerito, il restante finisce nei nostri mari e oceani, dove oggi sono presenti oltre 150 milioni di tonnellate di plastica.

Seguendo le correnti naturali, la plastica sta ‘conquistando’ i nostri mari creando delle vere e proprie isole, formate da rifiuti di varie grandezze che dalla superficie raggiungono il fondo del mare.

In tutto il mondo, sono sei le isole di plastica che hanno raggiunto dimensioni preoccupanti: due nel Pacifico, due nell’Atlantico, una nell’oceano Indiano. A queste se ne aggiunge una più piccola, scoperta recentemente nell’oceano Artico.

Ma in che modo la Plastica raggiunge gli oceani? Quali sono le correnti che segue?

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Per comprendere le dinamiche fisiche e climatiche di come i rifiuti plastici si spostano all’interno degli oceani e rispondere a queste domande, alcuni ricercatori statunitensi e tedeschi hanno realizzato un modello probabilistico basato sulla catena di Markov, che analizza le dinamiche delle superfici degli oceani e le traiettorie dei rifiuti.

Lo studio, realizzato dai ricercatori Philippe Miron, Francisco Beron-Vera, Luzie Helfmann e Peter Koltai, è stato pubblicato su AIP Publishing – Chaos, una rivista interdisciplinare di scienza non lineare.

Il modello sostiene la probabilità che gli oggetti di plastica formano le ‘Great Pacific Garbage Patch’ dopo essere stati trasportati da una regione della superficie oceanica all’altra attraverso correnti e vortici.

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“In questo lavoro, ci concentriamo sui percorsi dalla costa ai vortici subtropicali, da un vortice all’altro e dai vortici alla costa – ha spiegato Philippe Miron dell’Università di Miami – abbiamo identificato un canale di transizione ad alta probabilità che collega il Great Pacific Garbage Patch con le coste dell’Asia orientale, il che suggerisce un’importante fonte di inquinamento da plastica proveniente dall’Asia”.

“Inoltre  – continua Miron – la debolezza del vortice dell’Oceano Indiano come trappola per detriti di plastica è coerente con i percorsi di transizione che non convergono all’interno del vortice”.

Gli scienziati, indagando le dinamiche relative ai vortici subtropicali che influenzano lo spostamento e l’accumulo di detriti, hanno tracciato alcune rotte della plastica.

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Tra le scoperte del team di ricercatori:

  • la rotta asiatica,
  • il vortice subtropicale del Nord Pacifico che attrae la maggior parte dei detriti,
  • il vortice del Pacifico meridionale che si distingue per trattenere i rifiuti.

Le informazioni raccolte, così come le dinamiche di distribuzione dei rifiuti, dovranno essere implementate ma grazie alla scoperta delle prime rotte, i ricercatori hanno potuto affermare che “comprese le prospettive per le zone di detriti plastici che devono ancora essere analizzate direttamente, in particolare nel Golfo di Guinea e nel Golfo del Bengala, hanno implicazioni per le attività di pulizia degli oceani. Le rotte di inquinamento che abbiamo trovato forniscono obiettivi per sforzi di pulizia e gestione dei rifiuti”.