Home Attualità Plastica, ecco come i piccoli pesci lottano per sopravvivere

Plastica, ecco come i piccoli pesci lottano per sopravvivere

Plastica. I pesci appena nati hanno iniziato a scambiare pezzetti di rifiuti per cibo. Se dovessero morire, ci sarebbero sempre meno pesci più grandi e questo potrebbe sconvolgere la catena alimentare. Ecco i dati dei ricercatori del National Oceanic and Atmospheric Administration di Honolulu.

Le riserve di cibo dei pesci delle Hawaii sono adesso un guazzabuglio di microplastiche. Le superfici oleose naturali dove nascono molte specie di pesci oceanici sono di solito ricche di plankton e altri nutrimenti per pesci:  adesso, secondo i ricercatori del National Oceanic and Atmospheric Administration di Honolulu, c’è anche la plastica. Questi ricercatori dragano parti di queste zone con delle reti finissime e ne studiano ogni raccolto. In ogni analisi il risultato è sempre lo stesso: pesci giovanissimi, grandi massimo due centimetri che navigano in un mare di plastica.

Mare, sos pesci: non crescono perchè si nutrono di microplastica

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Questo è il racconto di Laura Parker, giornalista del National Geographic:

Non molto tempo fa sono andata a fare snorkeling nell’Oceano Pacifico, mezzo miglio a sudest di Oahu. Le coste qui sono molto profonde e il fondale è velocemente sparito mentre ci allontanavano. Guardandoci indietro, potevo vedere le verdi cime delle Montagne Waianae alzarsi fino a 4000 piedi dietro la spiaggia. Normalmente le montagne fanno da scudo al mare contro i venti forti dell’entroterra. Ma in quei giorni la brezza creava delle leggere onde che quasi oscuravano quello che ero venuta a vedere: una sottile, superficie oleosa sul’acqua, ricca di particelle organiche,dove i pesci appena nati si nutrono e iniziano la lotta per la sopravvivenza.

Microplastiche portate dal vento e dalla pioggia anche in zone remote della terra

Infilando la faccia in questa superficie oleosa mi sono trovata in una vera e propria nursery dei pesci: l’acqua era piana di vita che di solito non noteresti. Uova di pesce galleggiavano come piccole lanterne, le loro sacche che risplendevano alla luce del sole. Larve di pesce piccole come coccinelle e sotto di noi un branco di pesci lunghi 12 centimetri l’uno che si approfittavano della loro dimensione per mangiare tutto quello che aveva la sfortuna di essere più piccolo.

Le mie guide di quel giorno, l’oceonografo Jamison Gove e il biologo dei pesci Jonathan Whitney del National Oceanic and Atmospheric Administration in Honolulu, sono impegnati in una ricerca di tre anni che mira a dare un senso a questa scena caotica. Lo stato larvale è la scatola nera della scienza ittica: arrivano le uova fertilizzate, escono i giovani pesci, ma tutto quello che succede dentro rimane confuso. La stragrande maggioranza delle larve non diventerà mai adulta. Eppure la popolazione dei pesci in tutto il mondo e gli animali che se ne nutrono dipendono da quante larve riescono a raggiungere lo stadio adulto e in che condizione.

Microplastiche, anche nelle fosse oceaniche vengono ingerite dai pesci

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Quello che Gove e Whitney hanno trovato recentemente è che i pesci e il loro nutrimento non sono le uniche cose che si raccolgono in queste pozze oleose nell’Hawaii. Microplastiche, piccoli pezzetti di spazzatura umana, possono essere trovati qui e in quantità talmente elevata che le larve hanno iniziato a mangiarle nei primi giorni della loro vita.

Per i pesci appena nati, mangiare significa vivere un altro giorno: se il loro primo pasto è la plastica non stanno consumando le calorie di cui hanno bisogno per arrivare al secondo giorno. Secondo Whitney il momento più critico per i pesci è il primo pasto: se mangiano un pezzo di plastica potrebbe essere la loro fine. Un singolo filo plastico nello stomaco di una larva significa potenzialmente la morte.

Secondo uno studio del 2015, rifiuti plastici provenienti principalmente dai fiumi o dagli scarichi in acqua, si riversano negli oceani a una media di nove tonnellate l’anno. A quel punto la luce del sole, il vento e le onde del mare riducono questi rifiuti in piccoli pezzetti di plastica a malapena visibili. Una delle più grandi incognite e preoccupazioni è l’effetto che queste microplastiche, più piccole di 0,2 centimetri, possono avere sui pesci.

I pesci sono proteine fondamentali per quasi tre miliardi di persone e innumerevoli uccelli e animali marini. Ma le scorte di pesce in tutto il mondo sono scese della metà dal 1970. La popolazione dei grandi pesci predatori, come i tonni, è scesa addirittura in modo maggiore. Questo declino è causato principalmente dall’overfishing, ma l’inquinamento, il riscaldamento e l’acidificazione delle acque causate dai cambiamenti climatici stanno avendo un impatto sempre più grande.

Già dal primi anni 70 gli scienziati hanno trovato materiali plastici negli stomaci di pesci catturati dal New England alla Gran Bretagna. Studi recenti hanno documentato la presenza di particelle di microplastica in una quantità sempre crescente di pesci adulti.I pesci in stato larvale sono stati studiati in maniera molto più superficiale durante gli anni,ma si è capito che sono molto più vulnerabili alle microplastiche,così come a ogni altra cosa.

Trovate microplastiche nello stomaco di 8 sgombri su 10 

Microplastiche non solo nei cibi, anche nel nostro organismo

I pesci appena nati sono malformati, con teste enormi e code appena formate. Devono mangiare come matti per poter far crescere il loro corpo. Mentre i bambini umani si sviluppano nell’utero, i pesci lo fanno principalmente dopo che emergono in un mondo che non perdona.

“Escono dalle uova molto presto”, dice Whitney, “hanno piccoli cervelli; alcune pinne non sono ancora formate. Il loro fegato non è sviluppato, così come il loro udito e la vista. Sono sviluppati solo parzialmente ma devono nuotare e mangiare tutto da soli.”

La fase larvale è un insieme di pericoli infiniti, partendo dalla ricerca del cibo, che deve avvenire in queste sacche oleose superficiali. Queste si formano principalmente nelle regioni costiere attorno al mondo, dove le onde e le correnti subsuperficiali convergono e concentrano i resti organici di cui si nutrono i pesci. Alcune larve nuotano verso queste sacche, altre vengono spinte dalle onde, così come le uova. Ma anche i predatori convergono su queste zone. Se un piccolo di pesce riesce a evitare di essere mangiato e a trovare abbastanza pesce, diventerà circa lungo due centimetri,abbastanza per tornare al suo habitat permanente. Tutto questo per spiegare come la vita delle larve faccia schifo già da prima,senza dover aggiungere anche il problema della plastica.

Tornando alla ricerca, i campioni di queste pozze di vita vengono prese in consegna da un laboratorio che a mano sostituisce le parti organiche da quelle plastiche. Queste poi vengono contate e misurate tramite un programma mentre un tecnico usa un microscopio per identificare le creature. I risultati preliminari mostrano che questi campioni contengono più plastica che larve di pesce. Al di fuori delle sacche di nutrimento,Whitney e Gove hanno trovato il triplo di larve rispetto alla plastica. Nelle sacche, invece, la situazione è l’opposta: le microplastiche superano le larve di pesce 7 a 1. In media la quantità di plastica in queste zone è 130 volte più alta rispetto al mare aperto.

“Sinceramente non sappiamo il perché di questa quantità,”dice Gove. I danni che stanno causando le microplastiche sono ancora incerti ma nei test di laboratorio qualche dato è emerso. La plastica riduce l’appetito e la crescita dei pesci che la consumano. Questo colpisce gravemente la riproduzione e quindi la dimensione della popolazione. Nel loro laboratorio,Whitney e Gove hanno eseguito la dissezione di oltre 650 larve di pesce, la maggior parte tra i 3 e i 5 millimetri. Hanno trovato plastica nell’8,6% di questi campioni.  Questa percentuale non sembra molto alta ma gli scienziati sanno che anche piccoli cambiamenti nelle possibilità di sopravvivenza delle larve si traduce in enormi cambiamenti nella popolazione dei pesci nell’oceano,con conseguenti effetti nella catena alimentare. I ricercatori del NOAA hanno trovato piccoli residui blu di polietilene e polipropilene, usati per fare attrezzature da pesca, nello stomaco di larve di pesci spada, marlin e cinque altre specie. Questi filamenti sono molto simili al cibo che le larve di solito consumano: minuscoli copepodi, crostacei bluetti con lunghe antenne.

Plastica, liberare il mare attraverso un’alleanza tra pescatori. Manifesto di Federpesca

Nelle larve di mahi-mahi, Withney e Gode non hanno trovato residui plastici. Non sono sicuri del perché,ma la risposta potrebbe dipendere dal fatto che la vista si sviluppa prima in questa specie e magari riescono a distinguere il cibo dai residui. Il secondo motivo, ben più grave, è che forse i mahi-mahi che hanno mangiato la plastica sono morti e quindi non sono stati rilevati dalle analisi. Il pesce più piccolo in cui hanno trovato plastica nello stomaco era lungo solo 6 millimetri. Ma le fibre di plastica che i pesci stanno mangiando sono ancora più piccole. “Questi residui sono più piccoli di un millimetro,cose che riesci a malapena a vedere a occhio nudo” – dice Whitney -”Questa è la parte più scioccante: sono i pezzi che non possiamo vedere il vero problema”.