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Plastica, rischio inquinamento marino ridotto con le bioplastiche

Plastica. L’inquinamento da plastica è la sfida del nostro secolo. Circa l’85% dei rifiuti presenti in mare è plastica e nei mari italiani galleggiano 179.023 particelle di microplastica per km quadrato. Ma se questi rifiuti finiscono in acqua è perché non sono stati gestiti correttamente a terra, provocando danni irreparabili all’ecosistema marino.

Secondo gli studi scientifici condotti da Novamont, il gruppo industriale pioniere nella produzione di bioplastiche, il rischio ecologico è minore se in mare finiscono i sacchetti Mater-Bi (realizzati da Novamont e generalmente utilizzati per pesare frutta e verdura al supermercato).

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Questi studi sono stati in parte svolti da Novamont nei propri laboratori e in parte commissionati ad alcuni enti di ricerca, e sono stati coordinati da Francesco Degli Innocenti, responsabile della funzione Ecologia dei Prodotti e Comunicazione Ambientale del gruppo.

La ricerca sul sacchetto in Mater-Bi è stata sviluppata in tre ambiti:

  • la biodegradabilità intrinseca marina (laboratori Novamont)
  • la disgregazione in ambiente marino (Hydra)
  • l’ecotossicità rilasciata nei sedimenti per effetto della biodegradazione (Università di Siena).

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“Se vogliamo affrontare in modo serio e concreto le sfide ambientali e sociali complesse che abbiamo davanti dobbiamo ragionare in termini di valore più che di volumi, in una logica di economia circolare con al centro la qualità del suolo e dell’acqua” – ha spiegato l’amministratore delegato di Novamont, Catia Bastioli, sottolineando “in meno di un secolo siamo passati da un pianeta vuoto a un pianeta pieno dal punto di vista della popolazione, delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, delle quantità di prodotti immessi sul mercato”.

In sintesi, il Mater-Bi “esposto a microorganismi marini si comporta in modo simile, per livello e tempistiche” ad esempio

alla carta), ovvero “raggiunge alti livelli di biodegradazione” in un periodo di test inferiore ad un anno.

Gli esperimenti sulla disgregazione del Mater-bi in ambiente marino condotti da Christian Lott, ricercatore dell’istituto tedesco di ricerca e documentazione di biologia marina Hydra Marine Sciences hanno dimostrato che il tempo per una completa sparizione dei sacchetti in Mater-Bi è fra meno di quattro mesi a poco più di un anno, a seconda della natura dei fondali presi in considerazione.

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Infine, i test di ecotossicità compiuti su alghe unicellulari (Dunaliella tertiolecta), riccio di mare (Paracentrotus lividus) e spigola (Dicentrarchus labrax) hanno escluso effetti tossici.

Per Bastioli, “la tecnologia deve avere una funzione trasformativa, rigenerativa e contributiva. È  necessaria ma non sufficiente per un cambio di paradigma. Serve saggezza, in un contesto di
ecosostenibilità, smettere di pensare ad una crescita illimitata e ridisegnare la produzione”.

Per Rosalba Giugni, presidente di Marevivo, “Quello che sta accadendo al mare a causa della plastica è sotto gli occhi di tutti e occorre un impegno congiunto del mondo della ricerca e dell’impresa per fronteggiare il degrado ambientale che coinvolge l’intero Pianeta. Non dobbiamo dimenticare che l’unica strada per una crescita sostenibile è il passaggio ad un’economia circolare in cui il rifiuto diventa risorsa, ma soprattutto ricordiamo che ognuno di noi è chiamato ad un comportamento responsabile e consapevole delle conseguenze di ogni singolo gesto. Smaltire, dunque, correttamente e non disperdere alcun tipo di rifiuto nell’ambiente è un imperativo categorico”.