Plastica, la Turchia è la discarica d’Europa e tra i maggiori esportatori c’è l’Italia

Inquinamento da plastica, secondo una nuova ricerca di Greenpeace la Turchia è la discarica d’Europa e l’Italia è tra i maggiori esportatori di rifiuti. 

Una buona parte dei rifiuti in plastica prodotti in Italia non viene riciclata ma va a incrementare le discariche fuori dall’Europa. Più precisamente quelle della Turchia, meta delle ben 41.580 tonnellate di spazzatura prodotte nel 2023 dall’Italia.

Secondo i dati riportati da Greenpeace, il nostro Paese si piazza al 4° posto nella classifica dei maggiori esportatori europei. In testa si trovano Regno Unito, Germania e Belgio.

Ma perché è proprio la Turchia la meta preferita per l’esportazione dei rifiuti dell’Europa? La ragione sta nelle restrizioni che nel corso degli anni hanno messo altri Paesi che importavano rifiuti plastici. Ad far partire il cambio di rotta dell’immondizia è stato il divieto imposto dalla Cina nel 2018. Da quel momento è iniziato l’aumento del flusso di materiale plastico verso la Turchia, ma anche verso Malesia, Thailandia e Vietnam.

Il Paese – che da molti anni aspira ad entrare nell’UE senza successo – è dunque la destinazione preferita dei rifiuti in plastica proprio del Vecchio Continente. Dall’inizio di quest’anno, secondo l’associazione ambientalista, l’Italia ha già esportato verso lo Stato alle porte dell’Asia Occidentale oltre 36.000 tonnellate di spazzatura. Numeri destinati ad aumentare entro la fine del 2024.

“Negli anni passati, le nostre ricerche sul campo hanno dimostrato che il suolo, l’aria e i corsi d’acqua della Turchia sono stati contaminati dai rifiuti in plastica importati dall’estero”, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. “È inaccettabile che Paesi come il nostro, anziché affrontare il problema alla radice e ridurre la produzione di plastica, continuino a spostare il proprio fardello sulle zone più vulnerabili del pianeta. Da cinque anni, la Turchia è diventata la discarica dell’Europa, e non può più sopportare questo peso”.

Eppure, gli Stati membri dovrebbero, secondo la normativa europea, spedire i propri rifiuti plastici fuori dall’Unione solo per avviarli al riciclo o al recupero energetico, e in ogni caso scegliendo sempre impianti con standard ambientali e tecnici pari a quelli comunitari. È la prassi che sembrerebbe seguire Corepla, che gestisce i rifiuti plastici urbani nel 92% dei Comuni italiani: nei suoi report la Turchia non figura tra le destinazioni citate esplicitamente per l’export.

I rifiuti che viaggiano dall’Italia verso la Turchia però non si fermano e continuano ad alimentare discariche abusive sempre più grandi e inquinanti, come quella di Smirne.

Purtroppo, il problema dell’inquinamento non è relegato solo alle discariche. Nel 2020 la dispersione globale dei rifiuti in plastica nell’ambiente ha raggiunto cifre da capogiro: 52 milioni di tonnellate, di cui il 57% è stato bruciato. Tra i maggiori responsabili dell’inquinamento, lo studio dell’Università di Leeds ha individuato India, Niger e Indonesia.

Rifiuti in plastica, a pagare il prezzo dell’inquinamento sono i Paesi a basso reddito

Tra le tonnellate di plastica disperse nell’ambiente e quella che finisce nelle discariche (estere) anziché negli impianti per il riciclo, la situazione dell’inquinamento continua a preoccupare, e non solo per l’impatto ambientale. I danni si estendono anche al clima, alla salute pubblica e alla giustizia sociale. Su quest’ultimo punto Greenpeace ha condotto uno studio, portando alla luce come i rifiuti in plastica che arrivano dai Paesi sviluppati creino un danno alla salute di coloro che vivono nei Paesi a basso reddito.

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Fonte: Greenpeace

Inquinamento da plastica, le alternative e il prossimo summit delle Nazioni Unite

Eppure, le alternative all’incenerimento e allo smaltimento in discarica ci sono e consentirebbero di dare una spinta agli obiettivi di decarbonizzazione fissati dal Pniec. Il riciclo meccanico della plastica consentirebbe all’Italia di risparmiare fino a 7,2 milioni di tonnellate di CO2, oltre a produrre nuovi polimeri.

Secondo l’OCSE, l’inquinamento da plastica si può eliminare entro il 2040, ma servono azioni globali e più incisive. L’organizzazione, nel suo report, ha suggerito alcune strategie mirate a ridurre l’inquinamento da plastica e le emissioni di gas serra correlate.

La denuncia di Greenpeace, che chiede lo stop a questa pratica dannosa per ambiente e salute, e i dati dell’OCSE arrivano a ridosso dell’ultimo incontro delle Nazioni Unite volto a concordare un Trattato globale contro l’inquinamento da plastica. Il summit, che riunirà gli Stati membri delle Nazioni Unite, si terrà dal 25 novembre al 1° dicembre a Busan, in Corea del Sud.