Roma. Il mondo inizia a vedere la distesa di plastica che copre terra e oceani.
A mobilitarsi di fronte a questo orrendo spettacolo tra tutti è Theresa May. La premier britannica ha aperto la lotta agli sprechi e alla produzione eccessiva di rifiuti, annunciando che entro 25 anni saranno messi al bando bicchieri, bottiglie e confezioni usa e getta in plastica. Una svolta che forse lascia qualche segnale di speranza, ma che rimanda solo al 2042.
Soprattutto dopo che anche la Cina, tra i principali importatori di plastica al mondo, ha deciso di dire basta. A finire in Cina erano circa il 60% dei rifiuti in plastica provenienti da tutto il pianeta, che ha permesso la creazione di un business molto proficuo per la popolazione cinese. Basti considerare che in soli 10 anni l’import cinese di plastica si è incrementato di 10 volte, passando da 4,5 a 45 milioni di tonnellate. Un business che ha sempre permesso all’imprenditore cinese di guadagnare sul riciclo di quei materiali, esportandoli sotto nuova forma e a basso costo. Un meccanismo che la Cina ora ha interrotto in quanto perfettamente capace di funzionare solo con la propria produzione interna di rifiuti. Già ad ottobre dello scorso anno il presidente cinese Xi Jinping aveva dichiarato di voler portare il riciclaggio domestico ad un volume superiore a quello dei rifiuti prodotti nel Paese pari a 254 milioni di tonnellate, arrivando a riciclare 350 milioni di tonnellate di scarti l’anno entro il 2020.
Una decisione che poco cambia la vita del Paese asiatico, ma che può far cascare gli equilibri americani ed europeI. Grosso rischio per gli USA, che cerca già nuove alternative di mercato (il suo volume d’affari in questo business è di almeno 5 miliardi di dollari). Poco rassicurante il Washington State Department of Ecology, secondo cui è più probabile che tutta la plastica prodotta finirà spalmata tra le varie discariche generiche. E considerano la mega produzione americana di contenitori take away e piatti e bicchieri da fast food, c’è poco da star tranquilli.
Dall’altra parte, l’Inghilterra della May ha proposto di tassare confezioni monouso, posate, cannucce, piatti, bicchieri e quant’altro e ha imposto ai negozi la tassa di 5 centesimi sui sacchetti di plastica. In prima fila per evitare gli sprechi saranno gli uffici del governo. Inoltre, 13 miliardi di sterline di aiuti allo sviluppo saranno utilizzati per la pulizia degli oceani.
Pensa ad una tassa europea sulla plastica anche Bruxelles, provvedimento previsto per maggio anche se ancora da perfezionare.
Ma cosa ne pensa la popolazione?
A cambiare, oltre alle leggi, deve essere la mentalità. Dal 1 gennaio in Italia i sacchetti al supermercato ci costano 2 centesimi, il che ha generato un fiume di critiche e lamentele. Ma i nuovi sacchetti sono biodegradabili, il che significa che finiscono dritti nel compost piuttosto nei nostri mari o nelle montagne di spazzatura che non sappiamo più dove mettere. Eppure i social sono stati invasi da rabbia e incredulità di cittadini, costretti a spendere 2 centesimi seppur a favore di uno sviluppo sostenibile.
La decisione della Cina ha certo cambiato le carte in tavola. I fiumi cinesi sono ormai fiumi di plastica che si riversano nel Pacifico e Pechino ha scelto di cambiare rotta. L’Europa deve agire e anche in fretta. “Il mondo non può continuare con il modello di spreco attuale, basato sulla crescita indefinita in un mondo finito. – ha sottolineato Greenpeace – E invece di trovare nuovi posti dove spedire la spazzatura, governi e industria dovrebbero trovare un modo più semplice per ridurne la quantità”.