I monitoraggi effettuati sul pescato in Toscana e Calabria dimostrano che i PFAS arrivano sulle nostre tavole anche attraverso il consumo di pesci e crostacei. Il report di Greenpeace.
Siamo abituati a pensare al rischio di assumere le sostanze conosciute come PFAS attraverso il consumo di acqua potabile. Ma un nuovo report diffuso da Greenpeace Italia lancia l’allarme sulla contaminazione del pescato, nello specifico quello proveniente dalle acque del Santuario dei Cetacei nel mare della Toscana.
Sebbene il quadro della contaminazione del pescato sia limitato a un numero ristretto di Regioni e a una sola molecola, ormai è palese che l’accumulo di PFAS incide sul suolo, sull’acqua e sulla nostra catena alimentare, con gravi rischi per la salute umana. I PFAS sono associati a disturbi alla tiroide, danni al fegato e al sistema immunitario oltre che all’insorgenza di alcune forme di tumore come quello ai reni e ai testicoli. A causa di queste preoccupanti evidenze numerose nazioni stanno introducendo norme che limiteranno l’uso e la produzione di queste molecole.
I dati di ARPAT sulla presenza di PFAS nei pesci della Toscana
Circa il 60% del pescato delle acque del Santuario dei Cetacei, lungo la costa della Toscana, è contaminato da PFOS (acido perfluorottansolfonico), un composto classificato come possibile cancerogeno appartenente al gruppo dei PFAS. La stessa contaminazione non risparmia pesci e crostacei pescati nei mari della Calabria, sia nel versante del Tirreno che in quello ionico.
Lo rivelano i dati che Greenpeace Italia ha ricevuto da ARPAT, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, e da ARPA Calabria, dopo una richiesta di accesso agli atti.
Queste evidenze, seppur relative a una sola molecola delle oltre diecimila appartenenti al gruppo dei PFAS, indicano una contaminazione fuori controllo che espone i consumatori a queste pericolose sostanze attraverso il consumo di pescato.
“I monitoraggi effettuati sul pescato in Toscana e Calabria dimostrano che i PFAS arrivano sulle nostre tavola anche attraverso il consumo di pesci e crostacei. Pur trattandosi di dati parziali e limitati a una sola delle oltre diecimila molecole appartenenti al gruppo dei PFAS, il quadro che emerge è grave e potenzialmente espone al rischio migliaia di persone. – dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia – Questi risultati confermano, ancora una volta, l’urgenza di vietare l’uso e la produzione dei PFAS per proteggere l’ambiente e la nostra salute. Per quanto tempo il governo continuerà a ignorare il problema?“, conclude Ungherese.
Dalle analisi effettuate in Toscana tra il 2018 e il 2023 sui pesci nelle acque marino-costiere e di transizione, principalmente cefali, in alcuni casi sono infatti emersi valori molto elevati. In un cefalo alla foce del fiume Bruna a Castiglione della Pescaia, in provincia di Grosseto, è stata trovata la concentrazione record di 14,7 microgrammi per chilogrammo. Livelli molto alti sono stati rilevati nei pesci lungo la costa pisana, alle foci dell’Arno e del Fiume Morto (5,99 e 5,65 microgrammi per chilogrammo). Si tratta di contaminazioni di gran lunga superiori alla soglia settimanale tollerabile per il consumo umano fissata dall’EFSA a pari 4,4 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo per la somma di quattro molecole (non solo PFOS ma anche PFOA, PFNA e PFHxS).
Anche le indagini effettuate da ARPA Calabria tra il 2021 e il 2023 evidenziano notevoli livelli di contaminazione di PFOS in triglie, naselli e cicale di mare prelevati lungo la costa ionica e tirrenica. Alcune cicale di mare superavano il limite di 3 microgrammi per chilogrammo considerato sicuro per il consumo umano previsto dal Regolamento europeo 2022/2388. Viceversa le analisi effettuate dall’ARPA del Friuli-Venezia Giulia nel 2021 dimostrano l’assenza dell’unico PFAS monitorato (anche in questo caso il PFOS) nei pesci dell’alto Adriatico, anche se queste indagini si limitano a un numero ridotto di campioni e non possono confermare la totale assenza di rischi.
PFAS, cosa sono e perchè sono pericolosi per ambiente e salute
I PFAS (composti poli e perfluoroalchilici) sono sostanze chimiche usate da decenni dall’industria per le loro proprietà idrorepellenti e oleorepellenti e per la resistenza alle alte temperature. Conosciuti come “inquinanti eterni”, perché indistruttibili una volta dispersi nell’ambiente, giungono sulle nostre tavole accumulandosi nei terreni e nelle risorse idriche e quindi negli alimenti. Tra gli oggetti d’uso comune che contengono PFAS troviamo: padelle di teflon, imballaggi per alimenti, detergenti per la casa, vernici e nell’abbigliamento outdoor.
Nel corso degli anni, numerosi studi hanno portato alla definizione dei PFAS, da parte dell’IARC, come sostanze “cancerogene per l’uomo”, riferendosi in particolare ai PFOA. L’esposizione a queste sostanze infatti, può causare gravi danni alla salute. Essendo degli interferenti endocrini, i PFAS sono correlati al rischio di contrarre alcune forme di cancro femminile (utero, ovaie, seno). Sono poi associati al rischio di tumori ai testicoli, ai reni, a danni alla fertilità e possono favorire alti livelli di colesterolo.
L’inchiesta Forever Pollution Project mostra che la contaminazione da PFAS è più alta di quanto si sappia pubblicamente. In Europa sono oltre 17.000 i siti contaminati dai forever chemicals.
L’Italia non è immune da questo problema, anzi è in corso un’emergenza nazionale che ogni giorno causa sempre più danni. Tra i casi più gravi di contaminazione, c’è quello del Veneto, ma anche Piemonte, Lombardia e Toscana sono molto esposte ai PFAS. In quasi tutta Italia comunque, sono presenti gli inquinanti eterni.
“Acque senza veleni”, la spedizione di Greenpeace
Realizzare la prima mappatura indipendente della contaminazione da PFAS a livello nazionale. Si basa questo la spedizione di Greenpeace“Acque senza veleni”, partita dalla Toscana lo scorso 23 settembre. Un viaggio lungo cinque settimane in tutte le regioni italiane, per raccogliere campioni di acqua potabile alla ricerca degli inquinanti eterni.
“In Italia esistono diversi gravi casi di contaminazione, come in alcune aree del Veneto e del Piemonte, eppure i controlli ambientali promossi dalle istituzioni sono frammentari se non addirittura assenti, mentre le analisi sulle acque potabili sono limitate solo a poche Regioni o porzioni di territorio. Questa inerzia rischia di trasformare l’inquinamento da PFAS in Italia in un’emergenza nazionale fuori controllo”, afferma Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.