Dai dati della mappa diffusa da Greenpeace in merito alla presenza di PFAS nelle acque potabili in Italia “a Perugia sono state trovate tali sostanze”. Ma Umbra Acque smentisce: “Acqua sicura e di qualità”. La risposta di Giuseppe Ungherese (Greenpeace).
I PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche), i cosiddetti inquinanti eterni, sono risultati presenti nel 79% dei campioni di acqua potabile analizzati da Greenpeace Italia nell’ambito dell’indagine indipendente “Acque Senza Veleni”, effettuata tra settembre e ottobre 2024. Sono stati raccolti campioni in 235 città di tutte le Regioni e le province autonome.
Al netto del numero differente di campioni analizzati per ogni Regione, è possibile avere un’indicazione della diffusione della contaminazione su scala regionale, considerando il numero di campioni contaminati rispetto al totale analizzati.
Leggi il REPORT completo di Greenpeace “Acque Senza Veleni”
Perugia, dall’indagine di Greenpeace tra le città con concentrazioni più elevate di PFAS
Le città con le concentrazioni più elevate di PFAS sono risultate Arezzo, Milano e Perugia, si legge nel report di Greenpeace.
Considerando il parametro di legge ‘Somma di PFAS’, ovvero la somma di 24 molecole il cui valore, a partire dal gennaio 2026, non dovrà superare 100 nanogrammi per litro, i comuni con le concentrazioni più elevate sono risultati Arezzo, Milano (Via Padova) e Perugia, seguite da Arzignano (VI), Comacchio (FE), Olbia (SS), Reggio Emilia, Ferrara, Vicenza, Tortona (AL), Bussoleno (TO), Padova, Monza, San Bonifacio (VR), Ceccano (FR) e Rapallo (GE).
Le città con le concentrazioni più elevate di #PFAS* sono risultate Arezzo, Milano e Perugia.
*considerando il parametro di legge “Somma di PFAS”, ovvero la somma di 24 molecole il cui valore, a partire dal gennaio 2026, non dovrà superare 100 nanogrammi per litro.
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— Greenpeace Italia (@Greenpeace_ITA) January 22, 2025
Umbra Acque smentisce i dati di Greenpeace: “Acqua sicura e di qualità”
Umbra Acque smentisce “integralmente” i dati riferiti all’interno della mappa da contaminazione da PFAS diffusa da Greenpeace per quanto riguarda la Regione Umbria.
“Dalle analisi effettuate dall’ARPA, soggetto preposto ai controlli che utilizza metodi di campionamento affidabili e certificati, dal 2018 non è mai stata rilevata la presenza di PFAS nell’acqua distribuita ai nostri utenti. – si legge in un comunicato stampa diffuso da Umbra Acque – Umbra Acque effettua circa 6.500 analisi all’anno sulle acque potabili con il proprio laboratorio certificato Accredia ed è in grado, come ha fatto, di monitorare anche gli inquinanti PFAS per assicurare la massima tutela all’utenza.
E aggiunge: “Greenpeace ha effettuato il prelievo in una fontanella pubblica, sulla quale Umbra Acque, esercitando il massimo scrupolo che richiede la salute pubblica, ha provveduto nella giornata di ieri (22 genneaio), ad effettuare campionamenti sia in quella predetta fontanella sia su altri punti di prelievo dislocati nel territorio gestito . Questi controlli non hanno rilevato la presenza di PFAS”.
Umbra Acque ricorda, inoltre, che nel portale www.lacquachebevo.it, iniziativa promossa da diversi anni dalla Regione dell’Umbria , dall’ ARPA , dalle ASL e da AURI, vengono messi a disposizione dei cittadini i risultati dei controlli che vengono effetuati sia da parte della nostra società che delle ASL, relativi alla composizione delle acque potabili erogate in Umbria, nelle case e nelle fontanelle pubbliche.
“Quindi nessuna preoccupazione, anzi l’auspicio che in Umbria possa continuare a crescere il consumo dell’acqua del rubinetto nelle case e delle fontanelle pubbliche a beneficio anche della sostenibilità ambientale grazie alla riduzione del consumo della plastica“, conclude nel comunicato Umbra Acque.
La risposta di Greenpeace a Umbra Acque
Abbiamo contattato Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento Greenpeace Italia, che ha presentato lo scorso 22 gennaio i risultati dell’indagine “Acque Senza Veleni”.
In merito ai dati relativi alla Regione Umbria e in risposta al comunicato diffuso da Umbra Acque, Giuseppe Ungherese afferma: “Per noi di Greenpeace è ovviamente un sollievo constatare l’assenza di PFAS nei prelievi effettuati dal gestore. Tuttavia, è opportuno sottolineare, in base alle nostre conoscenze e competenze su queste sostanze maturate negli anni, che una serie di dati in cui i PFAS sono assenti non costituiscono una garanzia dell’assenza di contaminazioni passate o future. In Valle di Susa, ad esempio, le analisi del gestore SMAT a periodi alterni hanno misurato alti livelli di contaminazione intervallati all’assenza di contaminazione negli stessi comuni”.
In seguito alla diffusione della mappa sulla contaminazione da PFAS in Italia, Greenpeace ha pubblicato una serie di suggerimenti per fare in modo che i cittadini abbiano tutti gli strumenti e le informazioni necessarie su come sapere se l’acǫua che esce dal rubinetto di casa è sicura e se, nel proprio comune, esistono analisi delle acque potabili.
PFAS in Umbria, Regione rassicura ma intensifica i controlli
A seguito dell’indagine di Greenpeace sulla presenza di PFAS in alcune fonti delle Regione Umbria, l’assessore all’Ambiente Thomas De Luca ha convocato un tavolo tecnico per fare il punto della situazione.
Al tavolo hanno partecipato i servizi competenti della Regione afferenti alle direzioni salute e welfare e governo del territorio, AURI, ARPA, le USL, l’istituto zooprofilattico e i tre gestori presenti nel territorio regionale.
“Preso atto delle analisi ripetute dal gestore Umbra Acque, che hanno attestato la totale assenza di PFAS nella fontanella di Perugia oggetto dell’indagine di Greenpeace, abbiamo constatato la situazione di assoluta potabilità dei campioni di prelievo oggi noti rispetto ai futuri limiti di legge introdotti dal Dlgs 18/2023 che entreranno in vigore dal 12 gennaio 2026. – si legge in una nota stampa – Il tavolo ha concordato sull’opportunità di mettere a sistema sin da subito, senza attendere il prossimo anno, l’attività di monitoraggio dei PFAS implementando quella attualmente svolta per gli altri parametri di potabilità costantemente pubblicati sul sito www.lacquachebevo.it.”
E ancora: “Per mettere a sistema questa attività, nei prossimi giorni la giunta regionale valuterà le azioni da mettere in campo al fine di raggiungere l’obiettivo di uniformare l’attività d’indagine, attraverso un paradigma di controllo unificato tra i tre gestori. Sarà inoltre costituita una cabina di regia che sia in grado di pianificare misure strutturali per prevenire in futuro eventuali crisi, valutando gli strumenti da adottare laddove necessario“.
“Incontrerò Greenpeace nella giornata di martedì per fare chiarezza sulla loro attività di indagine e per condividere azioni da intraprendere. Su questi argomenti serve serietà, trasparenza e chiarezza – afferma l’assessore Thomas De Luca – stiamo affrontando con la massima responsabilità una situazione del tutto nuova, ignorata dalla politica in passato, che ci vede ancora una volta come avanguardia sulle tematiche ambientali e nella tutela della salute pubblica. Vogliamo che l’Umbria possa in futuro essere quanto più possibile una regione PFAS free”.
Ed ha aggiunto: “È assolutamente necessario che il Governo faccia la sua parte definendo regole certe, destinando alle regioni risorse utili ad intervenire sulla rete acquedottistica e promuovendo il divieto per l’uso e la produzione di queste sostanze a livello comunitario”.
Che cosa sono i PFAS e perché sono pericolosi
Dalla metà del secolo scorso migliaia di molecole appartenenti al gruppo dei PFAS sono impiegate in svariati processi industriali e per la produzione di numerosi beni di consumo per via delle loro proprietà (come idro- e oleo-repellenza, trattamenti antimacchia, resistenza termica e alla corrosione, basso coefficiente
d’attrito, etc). Una volta rilasciati nell’ambiente si degradano molto lentamente.
Per tale ragione sono comunemente noti come “inquinanti eterni”. La loro difficile degradazione può determinare la contaminazione di acqua potabile, aria, coltivazioni, alimenti e persino il nostro corpo (alcuni sono noti per essere bioaccumulabili). Le conseguenze sulla salute sono preoccupanti: basti pensare che il PFOA, una delle molecole che appartiene al gruppo dei PFAS, è stato classificato come cancerogeno, mentre il PFOS invece è stato classificato come possibile cancerogeno. Altri PFAS agiscono come interferenti endocrini e possono provocare danni alla tiroide, al fegato, al sistema immunitario e alla fertilità.
Nell’ambito delle sue analisi indipendenti, Greenpeace Italia ha inoltre verificato la presenza nelle acque potabili italiane del TFA, la molecola del gruppo dei PFAS più diffusa sul pianeta, per cui nel nostro Paese non esistono dati pubblici.