PFAS, l’appello delle associazioni per processo Miteni Si eviti prescrizione”

PFAS, l’appello delle associazioni per processo Miteni: “Si eviti prescrizione”

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Processo Miteni, l’appello delle associazioni “Si eviti la prescrizione del reato”. La protesta delle sigle davanti al Tribunale di Vicenza per chiedere giustizia ma anche soluzioni all’inquinamento da PFAS.

Per il processo sui presunti responsabili dell’inquinamento da PFAS si potrebbe arrivare alla sentenza per la primavera del 2025. A febbraio, il processo Miteni approderà alla requisitoria del pubblico ministero e alle arringhe delle parti civili.

“Auspichiamo che il procedimento giudiziario si concluda in tempo utile per accertare e sanzionare le eventuali responsabilità, evitando di cadere nel rischio di prescrizione relativo ai diversi reati contestati”, è l’appello di Cgil Veneto, Mamme No Pfas, Italia Nostra, Legambiente, Isde, Rete gas vicentina, Cillsa, Il Mondo di Irene, Medicina Democratica (parti civili nel processo).

Responsabilità da accertare ma non solo. Sul tavolo restano ancora dei punti critici che meritano una risposta. È ciò che chiedono le associazioni e i sindacati, riuniti nella protesta di fronte al Tribunale di Vicenza.

Sotto l’albero di Natale allestito per la manifestazione, ci sono tanti pacchetti: giustizia, salute, bonifica, studio epidemiologico, alimenti sicuri, zero PFAS. Sono i doni che vorrebbero ricevere i cittadini del Veneto per trovare risposte al problema dell’inquinamento da PFAS.

Risposte che tardano ad arrivare su questioni fondamentali come la bonifica: “Dalle informazioni a disposizione, la bonifica non è ancora iniziata e neppure la messa in sicurezza del sito ex Miteni è stata. Abbiamo notizia di conferenze dei servizi, riunioni tecniche e ricorsi al Tar che allontanano nel tempo le soluzioni”, spiegano le associazioni. Intanto, l’inquinamento “continua inesorabilmente a scendere verso valle e a propagarsi, bioaccumulandosi in ambiente e negli organismi”.

Le sigle chiedono campionamenti sui terreni, la bonifica e la messa in sicurezza dell’ex Miteni, analisi sugli alimenti, la possibilità per i medici di chiedere il dosaggio dei PFAS per i pazienti molto esposti. Insomma, chiedono una svolta. Anche perché gli studi a supporto ci sono. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), nel 2023, ha classificato il PFOA come cancerogeno per l’uomo (gruppo 1) e il PFOS come possibilmente cancerogeno per l’uomo (gruppo 2B).

Poi c’è lo studio condotto dall’Università di Padova in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto Tumori della Romagna, che ha evidenziato come in quarant’anni ci siano stati circa 4.000 morti in più nella zona rossa.

Al presidio c’era anche Cristina Guarda, europarlamentare di Europa Verde, che da tempo si occupa dell’inquinamento da PFAS. “La salute non è negoziabile. A Vicenza, il processo sulla contaminazione da PFAS rappresenta una ferita aperta per oltre 500.00 persone. Non si tratta di fatalità o “volontà divina”, ma delle conseguenze di scelte politiche sbagliate e di mancate tutele. La salute pubblica è stata sacrificata in nome di interessi economici. Ma la battaglia non finisce qui. Da Vicenza a Bruxelles, ci opponiamo alle pressioni delle lobby chimiche che cercano di ostacolare il bando ai PFAS. Non ci può essere lavoro senza salute e futuro senza responsabilità.”, ha scritto in un post su Facebook l’Eurodeputata.

Le associazioni chiedono quindi un cambio di passo, appellandosi alle istituzioni affinché il problema non venga sottovalutato e si proceda con soluzioni efficaci per chi vive quei territori.

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