Il presidente Luiz Inácio Lula da Silva sta sostenendo nuove esplorazioni di petrolio perché vorrebbe utilizzare i proventi del petrolio per finanziare la transizione verso le energie rinnovabili. Ma può davvero funzionare così?
I cambiamenti climatici sono causati dalle fonti fossili come il petrolio e il gas naturale. Per combattere il cambiamento climatico servono fonti rinnovabili come eolico e solare. Ma per installare le rinnovabili servono soldi che spesso mancano. La soluzione? Consentire ulteriori esplorazioni petrolifere e utilizzare i proventi per sovvenzionare le rinnovabili.
Sembra un paradosso ma è la nuova politica del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. Una decisione che ha fatto saltare dalla sedia in molti. Perché da tempo Lula è considerato uno dei capi di stato più ambientalisti del Pianeta.
Ma cosa c’è, dunque, dietro questa apertura al petrolio?
Lula: “Petrolio sì, ma solo per sostenere le rinnovabili”
Il presidente brasiliano Lula ha fatto pressione sui regolatori ambientali del Paese affinché approvassero un programma di trivellazioni esplorative vicino alla foce del Rio delle Amazzoni. Questo nonostante in precedenza gli stessi regolatori ambientali si fossero già espressi negativamente sulla questione.
Lula ha fatto sapere che i ricavi da questa nuova fornitura di combustibili fossili potrebbero aiutare a finanziare una transizione verso l’energia verde.
Il sito di questa esplorazione si trova a circa 160 km dalla costa orientale del Brasile, in una regione nota come Margine Equatoriale, che va dal Rio Grande do Norte fino ad Amapá, dove si pensa ci siano importanti giacimenti di petrolio e gas naturale.
Una licenza per trivellazioni esplorative in quella zona era già stata respinta dall’Ibama, l’ente regolatore ambientale del paese, nel 2023.
La motivazione? Era stato presentato un piano debole per la protezione della fauna selvatica: una fuoriuscita di petrolio nel sito avrebbe avuto effetti devastanti su una delle regioni più ricche di biodiversità del mondo.
Ma la Petrobras, la compagnia petrolifera statale si è opposta alla decisione facendo appello e ora è in attesa di una decisione formale.
Lula: “Non possiamo ignorare la ricchezza di petrolio che abbiamo”
Parlando con la radio brasiliana Diario, Lula ha dichiarato: “Seguiremo tutte le procedure necessarie per garantire che non si arrechi alcun danno alla natura, ma non possiamo ignorare la ricchezza sotto di noi e scegliere di non esplorarla, soprattutto perché questa ricchezza fornirà i fondi per la tanto necessaria e attesa transizione energetica”.
Un’apertura piena alle nuove trivellazioni e alla ricerca e sfruttamento di petrolio che stupisce molti ambientalisti e osservatori, non solo in Brasile ma in tutto il mondo.
Perché Lula si è sempre dimostrato particolarmente aperto alle istanze ambientaliste mondiali. E ha sempre dimostrato una certa comprensione delle conseguenze sul lungo termine di un depauperamento delle risorse in Amazzonia, il polmone verde del nostro Pianeta.
Brasile rinnovabile ma pieno di petrolio
Il Brasile è un importante paese produttore di petrolio. Ma il greggio che viene prodotto da quelle parti per la gran parte viene esportato e la percentuale di petrolio esportato rispetto a quello utilizzato in casa è sempre maggiore.
I dati pubblicati dal governo di Brasilia mostrano che circa il 90 percento dell’elettricità brasiliana proviene da fonti rinnovabili , principalmente energia idroelettrica.
Una percentuale molto alta che, secondo alcuni, dimostra che il Paese non ha davvero bisogno dei soldi provenienti dalla vendita di petrolio per poter giungere al 100% di produzione rinnovabile.
L’apertura di Lula alle fossili, inoltre, arriva nell’anno in cui il Paese ospiterà la COP30, la Conferenza delle Nazioni Unite sulla crisi climatica che nel 2025 si terrà a Belém. Un’edizione molto attesa perché ospitata, dopo diversi anni, da un Paese con un governo con una politica ambientalista forte. Almeno fino a ieri.